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Ponte sullo Stretto, l’ammissione del Governo: costa 13,5 miliardi e non ci sono

La ‘prima pietra’ che Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha promesso di posare entro l’estate del 2024 per inaugurare i lavori per la costruzione dello Stretto di Messina [1], potrebbe rimanere fra le sue mani più a lungo del previsto. Visto che, di concreto, al momento, c’è poco o niente. Tra le altre cose a mancare sono proprio i soldi necessari a costruirlo, e il primo DEF del Governo (il Documento di economia e finanza sulla programmazione finanziaria dell’esecutivo in carica) introduce l’argomento [2]in questo modo: “Il costo dell’opera oggetto di concessione dagli aggiornamenti svolti risulta di 13,5 miliardi più un costo di 1,1 miliardi per le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie – di cui si dovrà occupare Rete ferroviaria italiana – lato Sicilia e lato Calabria”. Cifre a cui si aggiungeranno quelle – non ancora definite – per le connessioni stradali. Praticamente quasi il doppio di quanto preventivato da Salvini, per cui l’infrastruttura sarebbe venuta a costare «quanto un anno di reddito di cittadinanza», e cioè tra i 7 e i 9 miliardi di euro.

Ma, come specificato ancora una volta nel DEF, per cui comunque l’opera è da considerarsi prioritaria e di preminente interesse nazionale, il nostro Paese i soldi per affrontare una spesa così grande non li ha: “Ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di Bilancio”. Praticamente dovranno essere tirate fuori da qualche parte, e alcune ipotesi sul dove pescare ci sono già.

Il DEF dice che al finanziamento dell’opera si intende provvedere utilizzando: le risorse messe a disposizione dalle Regioni (tra cui i Fondi per lo Sviluppo e la Coesione, il principale strumento del Governo italiano di finanziamento e attuazione delle politiche di riduzione degli squilibri economici e sociali sul territorio nazionale); la copertura finanziaria stabilita dalla legge di bilancio 2024; sovvenzioni europee (tra cui quella prevista dal programma Connecting Europe Facility per infrastrutture); prestiti richiesti a enti come la Cassa depositi e prestiti o la Banca europea degli investimenti.

Roberto Occhiuto, Presidente della Calabria, intervistato da Radio 24, si è detto pronto a sostenere economicamente il Governo visto che «si sapeva che nel Documento di economia e finanza non ci sarebbero state le risorse per questa grande infrastruttura». Motivo per cui «c’è la disponibilità delle due Regioni più immediatamente interessate a partecipare al finanziamento di quest’opera pubblica», salvo poi sottolineare che a suo parere dovrebbe essere la Sicilia a sborsare eventualmente più denaro, perché maggiormente interessata. Peccato che nel Bilancio di previsione 2023-25 della Regione Calabria, dei 5,8 miliardi totali a disposizione (di cui quasi il 70% destinato al finanziamento del servizio sanitario regionale), rimangano liberi da vincoli ‘solo’ 773 milioni. Una cifra che di certo non basterebbe a mettere in piedi il Ponte e che sicuramente potrebbe essere impiegata per questioni interne più urgenti.

Ma ecco che per Occhiuto si fa largo un’altra possibilità: visto che probabilmente Meloni, per via dei ritardi, dovrà ricontrattare con l’UE gli obiettivi del PNRR, perché non provare ad inserire sul tavolo delle trattative qualche miliardo per il ponte? Un’ipotesi che al momento il DEF esclude. Ma viene da dire, mai dire mai.

Più cauta invece la Sicilia, che per voce dell’Anci regionale, che rappresenta i Comuni del territorio, ascoltata dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, ha fatto sapere [3] che se da una parte «la scelta del Governo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria potrà comportare un miglioramento per l’isola e per la qualità di vita dei cittadini», visto che è previsto che sulla struttura transitino circa seimila veicoli e 200 treni al giorno, dall’altra, senza un piano deciso e concreto «si rischia di alimentare, per l’ennesima volta, una legittima aspettativa per poi mortificarla».

In altre parole, se si sceglie di realizzare il ponte, è indispensabile che si decida realmente di realizzarlo.

[di Gloria Ferrari]