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Una causa della lobby discografica apre la strada alla privatizzazione della censura

In uno scontro legale alla Davide e Golia, il portale tedesco Uberspace si trova a lottare in tribunale contro delle accuse mossegli dalle etichette discografiche più rilevanti del mondo della musica: Sony Entertainment, Warner Music Group e Universal Music. La diatriba tocca la questione dei diritti d’autore e si muove su territori mal battuti e dai dettagli ambigui, tuttavia i risvolti della faccenda potrebbero determinare il futuro della Rete, semplificando o contrastando i poteri intimidatori che giacciono nelle mani delle multinazionali dell’intrattenimento. Il contesto di base è semplice: i tre colossi non apprezzano che gli utenti scarichino i brani musicali protetti da corpyright passando attraverso i video di YouTube, quindi si sono appellati alla Germania perché bloccasse youtube-dl, strumento open-source nato appositamente per questo scopo.

Da qui la cosa diventa però estremamente intricata, ancor più perché youtube-dl era finito per i medesimi motivi nel mirino della Recording Industry Association of America (RIIA) già nel 2020 e la questione sembrava ormai risolta. 

Il gruppo aveva inoltrato una notifica di rimozione al sito che custodisce il codice del software, GitHub, il quale ne ha prima sospeso momentaneamente la distribuzione, quindi ha consultato i propri legali e ha infine deciso che la richiesta della lobby non poggiasse su basi legali sufficienti a giustificare la richiesta. Al posto di muovere battaglia a GitHub, la lobby della musica rappresentata dall’Associazione federale dell’industria musicale (BVMI) e della Federaziona internazionale dell’industria fonografica (IFPI) ha deciso di guardare alla Corte di Amburgo per scagliarsi addosso a Uberspace [1], un servizio di hosting che ospita sui suoi server il sito degli sviluppatori che hanno creato lo strumento, yt-dl.org.

A inizio mese BVMI ha reso pubblica [2] la decisione dei giudici tedeschi: Uberspace dovrà per legge rinunciare a supportare la pagina di youtube-dl. L’azienda tedesca ha però annunciato di volersi appellare alla decisione e si sta preparando a imbarcarsi in una battaglia di natura ideologica che risulta decisamente in salita, se non altro per la disparità delle risorse a disposizione dalle parti coinvolte nella faccenda. Non vogliamo qui scendere nei dettagli delle strategie di difesa [3] di Uberspace, le quali sollevano comunque punti interessanti, tuttavia sentiamo non di meno la necessità di rimarcare che, in tutta questa faccenda, la realtà aziendale tedesca non è che una parte insignificante dell’intera catena digitale.

È sicuramente lecito chiedersi quali siano i limiti a cui sono soggette le licenze Creative Commons su cui fa affidamento YouTube, è pure giusto domandarsi quali siano le responsabilità attribuibili a uno strumento qualora questo venga usato anche per scopi ritenuti illeciti, tuttavia l’attacco a Uberspace non risolve concretamente nessuna di queste incognite. Al posto di confrontarsi con YouTube, di proprietà Google, o di sfidare in tribunale GitHub, in mano a Microsoft, le grandi etichette discografiche hanno preferito seguire la corrente del fiume fino a raggiungere un delta fatto di imprese che non hanno certamente la forza economica di tener testa a una lobby tanto influente.

Youtube-dl è ancora presente online [4], quindi il processo non ha effettivamente danneggiato lo strumento stesso o i presupposti legali che ne consentono l’uso, tuttavia la decisione della Corte e gli intrighi burocratici a essa legata hanno non di meno logorato gli sviluppatori del software e l’azienda a loro vicina. Se non contrastata, la posizione di Amburgo estenderebbe ulteriormente la portata di una precedente decisione giuridica [5], con il risultato che le Big finirebbero con l’ottenere un maggiore potere intimidatorio sulle singole realtà, le quali finirebbero quasi certamente a cedere alle pressioni delle lobby anche qualora si trovassero nel giusto. Tutto pur di non imbarcarsi in una battaglia legale interminabile e molto costosa.

[di Walter Ferri]