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15 Stati europei fanno causa alla legge “anti-LGBT” dell’Ungheria

Tutti (o quasi) contro Viktor Orbán. Sono ben 15 gli Stati dell’UE che si sono aggregati [1] nella causa legale intentata dalla Commissione Europea contro l’Ungheria, concernente una legge approvata dal Parlamento di Budapest nel giugno 2021 sulla protezione dell’infanzia. A prendere parte alla più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea ci saranno Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Austria, Irlanda, Danimarca, Malta, Spagna, Svezia, Finlandia, Slovenia, Francia, Germania e Grecia, che agiranno come parti terze insieme al Parlamento europeo. Per unirsi alla causa c’era tempo fino al 6 aprile: lo Stato italiano è l’unico tra i grandi d’Europa a non figurare nella lista.

La legge ungherese nel mirino dei Paesi dell’Unione, presentata al Parlamento da Fidesz, il partito di Viktor Orbán, trova il suo focus nella battaglia [2] contro la “promozione dell’omosessualità” e si sostanzia nel divieto di lezioni, film e libri a contenuto Lgbt ai minori di 18 anni. “Al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini – recita il testo – la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni”. I promotori avevano inquadrato l’iniziativa legislativa come un pezzo di programma funzionale a proteggere bambini e adolescenti dalla pedofilia. Inoltre, nel provvedimento si legge che le lezioni di educazione sessuale “non dovrebbero essere finalizzate a promuovere la segregazione di genere, il cambiamento di genere o l’omosessualità”.

«Questo disegno di legge ungherese è una vergogna – aveva commentato [3] la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen -. Questa legge discrimina chiaramente le persone sulla base del loro orientamento sessuale e va contro tutti i valori fondamentali dell’Unione Europea: la dignità umana, l’uguaglianza e i diritti fondamentali dell’uomo. Quindi non scenderemo a compromessi su questi principi». Nel luglio del 2021, la Commissione aveva avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria, che secondo Bruxelles non aveva fornito risposte soddisfacenti. E che, soprattutto, aveva mantenuto la barra dritta sui contenuti della legge, che non è stata ritirata né modificata.

Lo scorso luglio, quindi, la Commissione è passata ai fatti, avviando un’azione legale alla Corte di giustizia europea (CGE), organismo che può imporre modifiche alla legislazione nazionale degli Stati membri. «Ci schiereremo a favore della protezione dell’infanzia, della tutela dei bambini ungheresi, indipendentemente dal numero di Paesi che decideranno di unirsi alla causa in corso contro di noi», ha contrattaccato Péter Futsal Szijjártó, ministro degli Esteri dell’Ungheria.

Secondo i ricorrenti, la legge ungherese violerebbe nello specifico le direttive sui servizi nel mercato interno e sui media audiovisivi, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e l’articolo 2 del Trattato sull’Ue, incentrato sul rispetto dei diritti umani e sul principio di non discriminazione.

[di Stefano Baudino]