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Ghedi torna a protestare contro la base NATO e le bombe nucleari americane

Centinaia di persone appartenenti alla galassia dei movimenti pacifisti sono tornate ieri a manifestare davanti alla base NATO di Ghedi (Brescia), dove sono custodite anche armi nucleari americane, non solo per chiedere lo stop dell’invio di armi in Ucraina, ma anche per invocare la messa a bando delle armi nucleari e la chiusura delle basi atomiche [1], oltre che per chiedere l’uscita dell’Italia dalla Nato. Inoltre, un esponente del Centro sociale 28 maggio, Beppe Corioni,  ha lanciato un allarme sui pericoli che si correrebbero in caso di incidente: «non solo si sta alzando il pericolo della guerra, ma anche del nucleare. Qui a Ghedi, per esempio, si vive un contesto di pericolosità drammatica: un rapporto di Green Peace rileva che qualora in questa base si registrasse un incidente, ci potrebbero essere tra i 2 e i 10 milioni di morti. Il tutto nell’indifferenza generale», ha affermato.

La protesta fuori dalla base dell’Aeronautica di Ghedi è stata organizzata dalla Rete nazionale «Sciogliamo la Nato, mai più guerre» a cui aderiscono vari movimenti pacifisti, tra cui Donne e uomini contro la guerra, Familiari delle vittime dell’uranio impoverito, Basta guerre e il Centro sociale 28 maggio, insieme a numerose altre sigle e organizzazioni, come Unione Popolare, Unione sindacale di base, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Partito dei Comitati di appoggio alla resistenza per il Comunismo. Tra le richieste avanzate dai manifestanti anche la riduzione dei fondi destinati alle spese militari. Sempre Corioni, infatti, ha spiegato che «la Nato chiede al nostro Paese un impegno economico pari al 2% del Pil per le spese della difesa, a fronte dell’1,42% che l’Italia impegnava prima. Questo equivale a spendere 104 milioni di euro al giorno».


[Credit: Prc/SE Lombardia e Unione Popolare Lombardia]

Nel comunicato [2] rilasciato dalla Rete nazionale che ha organizzato la manifestazione si legge che «Il coinvolgimento sempre maggiore della Nato e dell’UE ci porta dritti verso un allargamento del conflitto e la conseguente degenerazione in guerra mondiale nucleare». Un rischio che è alimentato anche dalla complicità o dall’apatia di un’opinione pubblica sempre più plagiata dalla propaganda dei media mainstream e di tutti i partiti politici. Per questo il comunicato si scaglia contro il ruolo dell’informazione, parlando di «Una società sempre più irreggimentata grazie ad una feroce propaganda di guerra portata avanti da tutti i principali partiti, di maggioranza e di opposizione che, insieme alla stampa mainstream dimostrano il loro asservimento alla follia bellicista euroatlantica. Tutto questo rappresenta una grave ferita alla democrazia e alla libertà d’informazione, al quale è giunto il momento di rispondere con la mobilitazione».

Gli stessi media definiti mainstream solitamente ignorano questo tipo di manifestazioni, a dimostrazione del fatto che non c’è spazio sul piano mediatico per le voci di opposizione che si discostano dalle posizioni atlantiste a cui il nostro Paese – così come tutte le nazioni europee – ha dovuto aderire senza alcuna possibilità di dibattito e di scelta. A questo vuoto democratico le associazioni contro la guerra e contro la Nato hanno deciso di rispondere attraverso la mobilitazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi che si corrono prolungando ulteriormente il conflitto in corso attraverso l’invio di armi anche letali come quelle all’uranio impoverito: l’Italia, peraltro, in caso di ampliamento dello scontro correrebbe rischi altissimi a causa delle basi militari americane sparse su tutto il territorio nazionale.