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Giustizia climatica, il piccolo stato di Vanuatu vince all’ONU

Alle Nazioni Unite è stata approvata [1] una storica risoluzione proposta da Vanuatu, piccola nazione insulare del Sud Pacifico, che permetterà di chiedere il parere della Corte internazionale di giustizia (ICJ) sugli obblighi in capo ai Paesi membri per affrontare il cambiamento climatico. Obiettivo della risoluzione, appoggiata da 120 Paesi e risultato di lunghe consultazioni, è infatti quello di includere la crisi climatica nel mandato della Corte internazionale di giustizia e fornire alla società civile un sostegno maggiore nell’ambito dei contenziosi climatici contro i governi.

L’ICJ, principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, avrà insomma mano libera nel fornire pareri – anche se solo consultivi – in merito agli obblighi degli Stati sulla lotta contro il cambiamento climatico. Essi dovranno essere riferiti al corpus di diritto internazionale istituito, tra gli altri attori, anche dalla Convenzione quadro [2] delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Trattato internazionale firmato nel 1992, noto anche come “Accordi di Rio”) e dall’Accordo di Parigi [3] (stipulato nel 2015). La Corte sarà chiamata a chiarire quali siano effettivamente gli obblighi di legge da imporre a quei Paesi responsabili del danneggiamento di clima e ambiente, nei confronti sia degli Stati più vulnerabili che dei singoli cittadini, di oggi e di domani.

A presentare formalmente la risoluzione alle Nazioni Unite, a braccetto con Vanuatu, sono stati altri 17 Paesi. Tra questi, figurano Angola, Mozambico, Singapore, Nuova Zelanda, Germania, Portogallo, Vietnam, Bangladesh, Samoa, Sierra Leone, Stati federati di Micronesia.

«Oggi abbiamo assistito a una vittoria di proporzioni epiche per la giustizia climatica – ha affermato [4] Ishmael Kalsakau, primo ministro di Vanuatu -. La storica risoluzione di oggi è l’inizio di una nuova era nella cooperazione multilaterale sul clima, un’era che si concentra maggiormente sulla difesa dello stato di diritto internazionale e che pone i diritti umani e l’equità intergenerazionale in prima linea nel processo decisionale sul clima». Kalsakau ha inoltre sottolineato l’importante opera svolta dai giovani studenti di giurisprudenza del Pacifico, veri ispiratori dell’iniziativa.

Ha espresso soddisfazione anche Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il quale ha parlato di una «risoluzione fondamentale», in cui è insito un «chiaro riconoscimento dell’importanza dell’azione di oggi per le generazioni a venire». Secondo Türk, lo strumento del parere consultivo da parte dell’ICJ potrebbe infatti rivelarsi «un importante catalizzatore per l’azione climatica urgente, ambiziosa ed equa necessaria per fermare il riscaldamento globale e per limitare e porre rimedio ai danni ai diritti umani indotti dal clima».

[di Stefano Baudino]