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Pizza e parmigiano sono invenzioni americane? Il dibattito surreale

In questi giorni fa discutere tutti in Italia un’intervista rilasciata al Financial Times da un professore dell’Università di Parma, Alberto Grandi, sul tema dei falsi miti e delle fake news legate alla cucina italiana. Grandi insegna storia economica e storia dell’alimentazione all’Università di Parma e ha parlato delle vere origini di alcuni alimenti simbolo della cucina italiana: il parmigiano, la pizza, la carbonara, il panettone e il tiramisù. Le sue affermazioni sono state subito strumentalizzate e amplificate dalla stampa e dai media, che hanno titolato ad effetto come “Piatti tipici italiani? Sono americani” oppure “L’articolo del Financial Times distrugge i miti della cucina italiana”. Le tesi del professor Grandi sono interessanti ma anche controverse e si prestano a fraintendimenti, a seconda di come vengono presentate. Analizziamo il caso del formaggio parmigiano.

Il vero Parmigiano è del Wisconsin?

Grandi riconosce che questo formaggio sia stato inventato chiaramente in Italia, ma sostiene che poi sia stato esportato nel mondo dagli italiani e la sua ricetta originaria sia stata perfezionata nei caseifici del Wisconsin, negli Stati Uniti, e mantenuta intatta fino ad oggi. Afferma Grandi infatti: «La sua storia è straordinariamente antica, ha circa mille anni, ma prima degli anni ’60 le forme di parmigiano pesavano solo circa 10 chili ed erano racchiuse in una spessa crosta nera […] la sua consistenza era più grassa e morbida di quanto non lo sia oggi. La sua esatta corrispondenza moderna è il parmigiano del Wisconsin»

Non è in dubbio dunque che sia nato in Italia e successivamente esportato nel mondo. E già qui possono tirare un respiro di sollievo tutti coloro che, a leggere i titoli sensazionalisti di giornale avevano pensato al crollo di un mito italiano. Il formaggio parmigiano è nato nella pianura padana e in particolare nella zona di Parma, si hanno di esso già testimonianze storiche [1] scritte nell’opera Decamerone di Giovanni Boccaccio, alla metà del 1300. Infatti si legge nell’opera, a proposito dell’immaginario paese di Bengodi: “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e raviuoli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva”. Boccaccio parlava già di un formaggio di Parma da grattugiare, quindi è inequivocabile l’origine lontana in terra italica. Ma ne parlano [2] anche altri autori umanisti come Bartolomeo Sacchi (detto il Platina), nella sua opera De honesta voluptate et valetudine, del 1541: “Due sono oggi in Italia le specie di formaggio che si contendono il primato: il Marceolino, come infatti lo chiamano gli Etruschi perché si fa in Etruria nel mese di marzo, e il Parmigiano, che tra i Cisalpini si può anche chiamare maggengo, dal mese di maggio”.

Il Parmigiano Reggiano ha origini antiche che risalgono [3] al XII secolo, nel Medioevo. Fu presso i monasteri benedettini e cistercensi di Parma e Reggio Emilia che nacquero i primi caselli (laboratori di produzione del formaggio simili agli odierni caseifici). I monaci avevano bisogno di un formaggio che durasse nel tempo e ottennero questo risultato asciugando la pasta e aumentando la dimensione delle forme. In questo modo il formaggio si poteva conservare a lungo.

La tesi controversa di Grandi è dunque che pur essendo nato in Italia, oggi la sua ricetta originaria sia mantenuta solo in Wisconsin, mentre nel nostro Paese si produce la sua versione moderna frutto di manipolazione industriale. Assodato il fatto che l’origine della ricetta risale almeno al Medioevo, appare ovvio che la lavorazione di parmigiano (come ogni tipo di produzione casearia) abbia subito sostanziali modifiche nel corso dei secoli, dovute alle innovazioni tecniche, ma ciò non significa che si debba attribuirne la nascita ai casari italo-americani del Wisconsin. Il professor Grandi infatti parla proprio di nascita in America, e questo che lascia perplessi: «Forme di venti chili, tutte nere, tendenzialmente era un formaggio più grasso di come è oggi. Il Parmesan è nato circa cento anni fa, negli anni Venti, in America su iniziativa di alcuni casari italiani che lo producevano nello stesso modo in cui veniva fatto da noi all’epoca. Il Parmesan non è un caso di “Italian sounding” e di contraffazione. Il Parmigiano si è evoluto negli anni ma se volessimo mangiare quello che mangiavano i nostri nonni, il Parmesan è sicuramente più vicino all’originale. Mi ha colpito molto il fatto che uno dei più antichi caseifici del Wisconsin si chiami Magnani, cognome molto diffuso in provincia di Mantova e nella pianura Padana».

Falsificazioni alimentari e agropirateria nel Wisconsin

Personalmente trovo scorretta questa ricostruzione di Grandi, soprattutto per il fatto che il Wisconsin è proprio la patria delle contraffazioni alimentari sul formaggio italiano. Due sono infatti i tipi di frode che negli anni sono stati documentati proprio in Wisconsin: l’agropirateria, la falsificazione cioè di un prodotto tipico, e l’italian sounding, l’utilizzo del nome di un prodotto DOP italiano per vendere qualcosa di completamente diverso. E si badi bene che questo è avvenuto non solo per il Parmigiano ma anche per altri celebri formaggi DOP italiani, come ad esempio l’Asiago [4]. Da loro in America è tutto legale ovviamente, siamo noi che giustamente percepiamo questi processi come una falsificazione.

L’agropirateria mondiale nei confronti dell’Italia non è esclusiva degli Stati Uniti d’America, peraltro, ma riguarda molti altri Paesi, dal Parmesao brasiliano al Reggianito argentino fino al Parmesan diffuso in tuti i continenti. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dai prosciutti di Parma e San Daniele, ma anche la mortadella Bologna e gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro San Marzano. Queste notizie di contraffazioni sono note e documentate [5] da anni. Dire oggi che nel Wisconsin si produce il vero Parmigiano, quello con la ricetta più fedele a quella di origine del Medioevo, appare in effetti surreale, come ha affermato anche la Coldiretti in risposta alle tesi di Alberto Grandi. Il dubbio che si tenti di screditare abilmente in questo caso la storia e i primati gastronomici dell’Italia, appare in effetti legittimo. Del resto, dietro ai tentativi di gettare ombre su alcune produzioni gastronomiche tipiche dell’Italia, possono nascondersi interessi economici di vario tipo legati a politiche commerciali di altre nazioni. Si pensi solo a quanto potrebbero crescere i volumi export e di fatturato nel mondo delle aziende americane produttrici di Parmesan, se sdoganassimo il fatto che il vero parmigiano lo hanno creato loro. E al danno di immagine e fatturato conseguente per l’export del parmigiano italiano. Non si pensi cioè che le politiche agroalimentari siano estranee alle logiche più ampie di interessi commerciali e strategici di espansione anche a livello geopolitico. Sono armi a tutti gli effetti anche quelle, usate da tutti gli Stati a seconda della convenienza, basti pensare a ciò che è successo di recente con le politiche sull’import-export di grano e di olio di girasole dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, solo per fare un esempio. 

[di Gianpaolo Usai]