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La Germania è attraversata dal più grande sciopero dei trasporti degli ultimi trent’anni

Lunedì in Germania si è svolto uno dei più grandi scioperi del settore dei trasporti degli ultimi trent’anni: centinaia di treni sono rimasti fermi nelle stazioni, voli locali e internazionali sono stati cancellati uno dopo l’altro, mentre i traghetti per il nord Europa sono rimasti ormeggiati alle banchine dei porti. L’obiettivo dello sciopero è quello di ottenere un adeguamento degli stipendi all’inflazione. Si tratta della più grande agitazione nel settore dei trasporti dal 1992, organizzata dalla seconda sigla sindacale tedesca – Ver.di – che rappresenta oltre 2,5 milioni di lavoratori e dal sindacato degli autoferrotranvieri Evg che hanno definito quello di lunedì come «sciopero di avvertimento» (Warnstreik): lunedì pomeriggio, infatti, è iniziato a Potsdam il terzo round negoziale per il rinnovo dei contratti di settore e le due sigle hanno chiesto rispettivamente l’aumento in busta paga del 10%, pari a 500 euro in più, e di 650 euro mensili, pari circa al 12% in più.

Lo sciopero [1] aveva come principale obiettivo della protesta i comuni tedeschi, in quanto è da quest’ultimi che dipendono in gran parte i lavoratori dei trasporti pubblici. A riguardo, la ministra dell’Interno, Nancy Faeser, ha ricordato, durante i negoziati a Potsdam, che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono pagati con le tasse e, di conseguenza, chi chiede troppo pesa sui contribuenti. Un tentativo malcelato di alienare le simpatie dei cittadini dalla protesta dei dipendenti pubblici. L’affermazione della ministra arriva solo pochi giorni dopo quella del ministro delle finanze Christian Lindner, secondo cui la «festa» degli aiuti a pioggia a cui i tedeschi si sono abituati prima per la pandemia e poi per il caro-energia è finita ed è giunto il momento di stringere la cinghia. Un monito respinto dai lavoratori tedeschi che pretendono di far valere i loro diritti: l’inflazione, infatti, nei primi due mesi del 2023 è schizzata a quota 8,7%, erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori e delle fasce di reddito medio-basse, confermando altresì l’inutilità della decisione della BCE di aumentare i tassi d’interesse per contenere il carovita.

Lo sciopero dei voli di lunedì ha coinvolto almeno 380.000 passeggeri: mentre l’aeroporto BER ha funzionato regolarmente, gli aeroporti di Francoforte, Monaco, Amburgo, Hannover sono rimasti fermi [2] e anche la stazione di Berlino era completamente deserta. Al contempo sono stati oltre 30.000 i ferrovieri che hanno fermato i convogli a breve e lunga percorrenza di Deutsche Bahn, comprese le reti locali. Secondo un sondaggio il 55% dei tedeschi sostiene i manifestanti e non sono mancati, infatti, casi di solidarietà e di sostegno da parte di alcuni cittadini che hanno subito in prima persona le conseguenze dello sciopero. Nella stazione berlinese di Ostkreuz semideserta, ad esempio, qualcuno ringraziava i ferrovieri per la «battaglia per il Lavoro» idealmente condivisa.

I sindacati si sono già dichiarati soddisfatti dei risultati ottenuti: «abbiamo portato a casa il primo fondamentale risultato. Grazie alle dimensioni dello sciopero i datori di lavoro si sono resi conto in modo inequivocabile che i dipendenti stanno in massa dalla nostra parte. Questo perché nel settore pubblico sono schiacciati dal peso degli aumenti di elettricità, gas e generi alimentari diventati insostenibili. E ciò coinvolge tutti, fino alle fasce di reddito medie», ha detto Frank Werneke, leader dei Ver.di. Dalla barricata opposta, invece, il numero uno dell’Associazione dei datori di lavoro (Bda) ha affermato che la quarta economia globale non dovrebbe fermarsi se si fermano gli autisti, invitando il governo ad evitare «a ogni costo uno scenario alla francese [3]».

Alcune delle nazioni più importanti dell’UE dal punto di vista economico, come Francia e Germania, sono attraversate da importanti agitazioni sindacali in lotta contro le politiche di austerità dei governi e le misure insufficienti volte a contrastare il carovita. Il che mette in luce le differenze con quella che è la terza economia europea, l’Italia, dove, invece, non si accenna a scioperi o manifestazioni contro l’inflazione. Con i sindacati confederali che indicono solo sporadiche iniziative settoriali, alimentando l’idea di una opposizione di facciata e del tutto inefficace.

In Germania, invece, il conflitto sindacale è il più duro degli ultimi trent’anni e se qualcuno pensa che la situazione si possa risolvere con un compromesso tra lavoratori e enti pubblici, i sindacati sembrano intenzionati ad andare fino in fondo per ottenere l’aumento richiesto, sebbene non si preveda che lo sciopero prosegua anche durante il periodo pasquale. Nel frattempo, però, la politica è in difficoltà e ha dovuto indire l’ennesimo vertice di coalizione per appianare le divergenze tra Verdi e Liberali – soprattutto in materia energetica – sospeso dopo diverse ore e rimandato a data futura. Un clima generale di instabilità, incertezza e frustrazione delle classi lavoratrici sta, dunque, scuotendo il cuore dell’Europa.

[di Giorgia Audiello]