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Cosa faceva il drone americano precipitato sul mar Nero? Questa è la vera domanda

Dopo l’incidente avvenuto ieri sul mar Nero in cui un drone americano MQ 9 Reaper è precipitato entrando in collisione con la superficie dell’acqua, l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, è stato convocato alla Casa Bianca e ha accusato Washington di utilizzare i dati raccolti attraverso le ricognizioni aeree per aiutare Kiev sul campo di battaglia. Il drone «sorvolava il Mar Nero vicino alla penisola di Crimea in direzione del confine di stato della Federazione Russa», ed era stato avvistato dai mezzi di controllo dello spazio aereo russo, ha detto [1] il ministero della Difesa spiegando altresì che «il drone ha volato con i suoi transponder spenti, violando i confini del regime di spazio aereo temporaneo stabilito per l’operazione militare speciale, comunicato a tutti gli utenti dello spazio aereo internazionale e pubblicato secondo gli standard internazionali». Sono ancora da chiarire le dinamiche dell’incidente di cui Russia e Stati Uniti forniscono due versioni diverse: tuttavia, al netto delle speculazioni sulle cause dell’accaduto, resta da chiarire perché un drone americano si trovasse a ridosso dei confini della Federazione russa e quali conseguenze avrà l’episodio nelle relazioni già tese tra Washington e Mosca. Questa, infatti, è la domanda importante da porsi, riflettendo anche su cosa sarebbe successo a parti invertite, ossia se un drone russo fosse stato avvistato ai confini del territorio statunitense.

Il comando europeo degli Stati Uniti ha affermato che uno dei due aerei da guerra Su-27 russi ha colpito l’elica del drone facendolo schiantare nel Mar Nero; mentre il ministero della Difesa russo ha spiegato che «L’aereo russo non ha utilizzato armi a bordo, non è entrato in contatto con il velivolo senza pilota ed è tornato sano e salvo alla base». Dunque, a seguito di «brusche manovre», il drone avrebbe perso il controllo scendendo di quota ed entrando in collisione con la superficie dell’acqua. La stampa occidentale ha diffuso univocamente come ufficiale la versione riferita da Washington e dal comando europeo degli Stati Uniti secondo il quale [2] «intorno alle 7:03 (CET), uno degli aerei russi Su-27 ha colpito l’elica dell’MQ-9, costringendo le forze statunitensi ad abbattere l’MQ-9 in acque internazionali». Il comando americano ha comunicato [3] inoltre che «diverse volte prima della collisione, i Su-27 hanno scaricato carburante e sono volati davanti all’MQ-9 in modo sconsiderato, poco sano dal punto di vista ambientale e poco professionale».

La Difesa statunitense ha accusato i piloti russi di azioni poco professionali, sostenendo che «questo atto pericoloso e poco professionale da parte dei russi ha quasi causato la caduta di entrambi gli aerei». Tuttavia, l’ambasciatore russo in America, convocato dal Dipartimento di Stato americano, ha risposto che la missione di ricognizione del veicolo aereo senza pilota (UAV) MQ-9 degli Stati Uniti sopra il Mar Nero è stata una provocazione: «Ci hanno provocato a intraprendere una certa azione, che consentirebbe loro di accusare la Russia e l’esercito russo di non essere professionali», ha detto, aggiungendo anche che «non c’è stato alcun contatto, nessun uso di armi da parte dei nostri aerei da combattimento».

È stato lo stesso ambasciatore russo, del resto, a fornire una risposta verosimile alla domanda più importante che non è stata minimamente presa in considerazione dalla stampa occidentale, ossia perché un drone americano si trovasse a sorvolare il Mar Nero: mentre la parte americana sostiene che si trattasse di normali «operazioni di routine nello spazio aereo internazionale», Antonov ha accusato [4] le forze statunitensi di raccogliere dati di ricognizione che potranno essere impiegati dall’esercito di Kiev per futuri attacchi sul territorio e sulle truppe russe: «Cosa fanno a migliaia di chilometri di distanza dagli Stati Uniti? La risposta è ovvia: raccolgono informazioni che vengono successivamente utilizzate dal regime di Kiev per attaccare le nostre forze armate e il nostro territorio». «Facciamo una domanda retorica – ha proseguito l’ambasciatore – se, ad esempio, un drone d’attacco russo apparisse vicino a New York o San Francisco, come reagirebbero l’aeronautica e la marina americana? Sono abbastanza fiducioso che l’esercito americano agirebbe in modo intransigente e non permetterebbe che il suo spazio aereo o le sue acque territoriali venissero violate». Lo stesso ha quindi invitato Washington a fermare i voli ostili vicino al confine con la Russia: «Consideriamo qualsiasi azione con l’uso di armi statunitensi apertamente ostile», ha dichiarato.

Un invito, tuttavia, non colto dalla controparte americana: «se il messaggio è che vogliono spaventarci o dissuaderci dal volare e operare nello spazio aereo internazionale, sopra il Mar Nero, allora quel messaggio fallirà, perché ciò non accadrà», ha dichiarato il portavoce del Consiglio per la sicurezza USA, John Kirby, che ha proseguito asserendo che «continueremo a volare e ad operare nello spazio aereo internazionale su acque internazionali». Si tratta, dunque, dell’ennesimo confronto tra Russia e Stati Uniti che se fino ad ora è avvenuto “per procura”, ora sta pericolosamente virando verso una collisione diretta, a riprova del fatto che quello ucraino è un teatro bellico che vede gli USA coinvolti in prima linea nell’intento di perseguire il contenimento della Russia e mantenere il primato di prima potenza internazionale. Al momento né Washington né Mosca propendono per uno scontro diretto, ma il susseguirsi di eventi simili potrebbe comportare conseguenze imprevedibili, ma evitabili se entrambe le parti operassero più vicino ai propri confini.

[di Giorgia Audiello]