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Le proteste buone in Georgia e quelle cattive in Moldavia: il doppio standard occidentale

In Georgia si sono verificate negli ultimi giorni animate manifestazioni contro la cosiddetta legge sugli “agenti stranieri” che impone alle società non commerciali, quali associazioni, media e ong, che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero, di registrarsi presso un registro detto degli “agenti stranieri”. Quest’ultimo consentirebbe alle autorità di accedere alle informazioni personali dei membri delle organizzazioni interessate e dei terzi coinvolti nelle loro attività, nonché imporrebbe di fornire a scadenza regolare una serie di informazioni sulla natura dei fondi ricevuti e sul modo in cui vengono spesi. La legge è sostenuta dal partito di maggioranza “Sogno georgiano”, guidato dal premier Irakli Garibashvili, ed è stata interpretata come una manovra contro le opposizioni in un contesto politico che – a detta della stampa europea e filo Nato – starebbe scivolando verso un regime autoritario vicino a Mosca, tanto che la legge è stata etichettata come “legge russa”. In realtà, il governo in carica, pur cercando di mantenere relazioni costruttive con Mosca, aspira anch’esso all’ingresso nell’Ue e nell’Alleanza atlantica. Nonostante ciò, l’informazione occidentale è tornata ad agitare lo spettro di una presunta nuova “Maidan” – la rivolta di piazza verificatasi in Ucraina nel 2014 che ha portato al cambio di governo con la destituzione dell’allora presidente Viktor Yanukovich – elevando i manifestanti filoeuropei a simboli di democrazia contro il presunto autoritarismo dei sostenitori di Mosca. Per questo, secondo alcuni organi di stampa occidentale, sui social sarebbe diventato virale il video di una donna che sventola la bandiera europea mentre viene colpita dagli idranti della polizia.

Le manifestazioni georgiane [1] possono essere considerate il corrispettivo, al rovescio, di quanto accaduto in Moldavia nelle scorse settimane, dove folle probabilmente anche più numerose, si sono riversate davanti al palazzo di governo per protestare contro l’amministrazione filoeuropea e a sostegno di Mosca. La differenza è che mentre in quel caso le proteste erano accusate di essere eterodirette dal Cremlino e, dunque, ritenute “cattive”, quelle filoeuropee di Tbilisi sono sostenute e incoraggiate da tutto il mondo istituzionale e mediatico europeo e americano, senza che venga minimamente preso in considerazione il sospetto che possano essere sobillate da forze extra nazionali. Si tratta di un doppio standard nella valutazione delle espressioni popolari che mostra come per l’Occidente le manifestazioni e le proteste “buone” siano sempre e solo quelle filo-Nato e filoeuropee.

Secondo il ministero dell’Interno, sessantasei manifestanti sono stati fermati durante gli incidenti nella notte quando la polizia ha risposto con gas lacrimogeni e idranti al lancio di bottiglie incendiarie e pietre contro il Parlamento, che una parte dei dimostranti ha cercato di prendere d’assalto. Negli scontri sono rimasti feriti anche cinquanta persone tra agenti e civili, ha aggiunto il ministero. Il leader del partito di opposizione Strategia Aghmashenebeli, Giorgi Vashadze, ha denunciato «un uso sproporzionato della forza contro una dimostrazione pacifica» e ha detto che tra gli arrestati figura Zurab Japaridze, capo di un altro partito di opposizione, il Girchi. Il capo dell’altro partito di opposizione “Movimento unito nazionale”, Levan Khabeishvili, ha invece fatto un appello a continuare le proteste quotidianamente fino alla revoca della normativa.

In seguito alla dura reazione della popolazione verso la legge, il presidente del partito di maggioranza, Garibashvili, ha dapprima detto che il dibattito per il voto in seconda e terza lettura della legge non sarebbe avvenuto prima di giugno con il parere del Consiglio d’Europa, mentre, successivamente, ha direttamente ritirato la legge. In una nota [2] pubblicata sul sito georgiano Rustavi 2, si legge che «In quanto responsabili nei confronti di ogni membro della società abbiamo deciso di ritirare incondizionatamente il disegno di legge che abbiamo sostenuto senza alcuna riserva». Secondo “Sogno georgiano”, la legge sarebbe stata posta in cattiva luce affibbiandogli l’etichetta di “legge russa”: «Le è stata affibbiata un’etichetta falsa di “legge russa”, e la sua approvazione in prima lettura è stata vista da parte dell’opinione pubblica come un allontanamento dal corso europeo. Inoltre, alcune forze radicali sono state in grado di coinvolgere parte dei giovani in attività illegali”, prosegue il comunicato. Il governo ha fatto comunque sapere che «quando si attenuerà l’emotività, faremo capire alla popolazione a cosa serviva». Questa mattina si è appreso [3] che il Parlamento georgiano ha già ritirato la legge.

Da parte sua, Mosca ha ribadito la sua totale estraneità alla legge per mezzo del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: «Il Cremlino non ha ispirato nulla e non ha assolutamente nulla a che fare con questo», ha affermato il diplomatico. Sarcastico, invece, il commento della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: «ora è chiaro perché gli Stati Uniti non sono ancora nell’Unione europea, da loro questa legge è in vigore dal 1938», ha affermato in riferimento al Foreign Agents Registration Act sugli “agenti stranieri” in vigore appunto da 85 anni.

Piena soddisfazione per il ritiro della legge si è avuta, invece, da parte della delegazione in Georgia dell’Unione europea: «Accogliamo con favore la dichiarazione del partito al governo sul richiamo del disegno di legge sull’“influenza straniera”» e «Chiediamo a tutti i leader politici della Georgia di rinnovare le riforme a sostegno dell’UE, in modo inclusivo e costruttivo, e di raggiungere lo status di candidato della Georgia in conformità con le 12 priorità», si legge [4] in una dichiarazione.

Le proteste georgiane sono, dunque, riuscite quasi immediatamente a bloccare la proposta di legge, anche grazie all’appoggio dell’Ue. Al contrario, le proteste della popolazione moldava e la richiesta al governo di dimettersi restano inascoltate da mesi sia dall’amministrazione moldava che dalle istituzioni occidentali in quanto accusate di essere influenzate dal Cremlino e, tutto ciò, nonostante la situazione socioeconomica di Chisinau sia oggettivamente drammatica da anni e ormai insostenibile a causa del peggioramento dovuto alle congiunture geopolitiche internazionali.

[di Giorgia Audiello]