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Gli USA stanno cercando alleati per imporre sanzioni anche alla Cina

Si allarga sempre di più la guerra ibrida internazionale tra le grandi potenze, con la Cina che ora potrebbe essere direttamente coinvolta nel contesto di sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia e, in generale, alla quasi totalità dei Paesi non allineati agli interessi geopolitici di Washington. Dopo che qualche settimana fa la Casa Bianca ha lanciato l’allarme sul fatto che Pechino sarebbe intenzionata a fornire armi a Mosca, infatti, ora l’amministrazione statunitense ha cominciato a sondare la disponibilità degli alleati più stretti ad imporre sanzioni a quella che è la seconda economia mondiale, creando così una frattura sempre più evidente e profonda tra due blocchi: quello occidentale e quello rappresentato dall’asse Mosca-Pechino, mentre tutti gli altri attori geopolitici non occidentali cercano faticosamente di mantenere una posizione neutrale. Gli Stati Uniti hanno messo in guardia la Cina dall’idea di fornire armi alla Russia sia durante le conversazioni a distanza tra Biden e Xi Jinping, sia durante l’incontro di persona, avvenuto lo scorso 18 febbraio, tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e l’alto diplomatico cinese Wang Yi a margine di un conferenza sulla sicurezza globale a Monaco di Baviera.

Le consultazioni per imporre restrizioni economiche alla Cina sono ancora in una fase preliminare [1] e hanno lo scopo di compattare il G7 per coordinare eventuali sanzioni, anche se non è ancora chiaro quali beni o aziende potrebbero venire colpite dalla misura, in quanto il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti per ora ha rifiutato di commentare. A una domanda in merito alle consultazioni, un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha risposto che la guerra della Russia ha reso difficili le relazioni della Cina con l’Europa e altre nazioni: «è una distrazione per la Cina e un potenziale colpo alle loro relazioni internazionali di cui non hanno bisogno né dovrebbero volere», ha affermato.

Già a fine febbraio, alcuni organi di stampa occidentali come il Wall Street Journal (WSJ) avevano fatto trapelare informazioni [2] fornitegli da fonti di intelligence da cui emergeva come Pechino stesse dotando la Russia di piccoli droni commerciali per aiutare le forze del Cremlino nella guerra contro l’Ucraina. Secondo il Pentagono, i droni non avrebbero aiutato solo Mosca nel conflitto, ma avrebbero anche permesso alla Cina di raccogliere informazioni cruciali sul campo di battaglia. Tuttavia, la tempistica con cui il WSJ ha rilasciato le informazioni dell’intelligence appare strumentale alla strategia sanzionatoria dell’Occidente che è il principale strumento per combatte gli avversari sistemici. Tanto più che l’agenzia britannica Reuters ha ammesso che, relativamente alla fornitura d’armi di Pechino a Mosca, «Gli aiutanti del presidente degli Stati Uniti Joe Biden non hanno fornito prove pubblicamente». Da parte sua, il gigante asiatico ha negato ogni accusa.

Del resto, già nel documento [3] intitolato “Nato 2030. United for a new Era”, la Cina viene posta subito dopo la Russia come rivale sistemico, mentre nel rapporto intitolato “Strategic Concept 2022 [4]”, la Cina viene definita come una «sfida» per gli «interessi, la sicurezza e i valori» della NATO. Inoltre, secondo diversi analisti, la Russia rimane l’ultimo ostacolo prima di concentrarsi su quella che è considerata la minaccia più grave alla stabilità dell’ordine mondiale unipolare, ossia Pechino. Non stupisce, dunque, che Washington – con il prolungarsi del conflitto in Ucraina e il consolidamento sempre più forte tra Russia e Cina – stia cominciando a considerare seriamente l’ipotesi di sanzionare la Cina, coinvolgendo in questo anche gli alleati europei, secondo il copione già seguito con Mosca. Tuttavia, imporre sanzioni a Pechino potrebbe non essere così semplice per via della sua completa integrazione nelle principali economie dell’Europa e dell’Asia, rischiando così di bloccare o rallentare l’intero commercio globale, già parzialmente interrotto dalle conseguenze dei lockdown, prima, e dalla guerra in Ucraina, dopo. Per questo alcuni alleati degli Stati Uniti come la Germania e la Corea del Sud sono riluttanti a imporre sanzioni alla seconda economia mondiale.

Nonostante la divergenza di alcune nazioni e la dipendenza energetica e commerciale dell’Unione Europea, un funzionario di Bruxelles ha affermato [5] che se la Cina fornisse armi alla Russia supererebbe una «linea rossa» a cui l’UE risponderebbe con sanzioni. Il commento del funzionario fa eco all’intervento del cancelliere Olaf Scholz al parlamento tedesco in cui – prima del suo incontro con Joe Biden – aveva ammonito Pechino: «non consegnate armi all’aggressore Russia».

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni a persone e aziende accusate di aiutare la Russia a eludere le sanzioni. Le misure includono anche limiti all’esportazione per le società cinesi che non potranno acquistare articoli come i semiconduttori. Inoltre, non è escluso che gli USA possano estromettere Pechino dal sistema finanziario statunitense – lo SWIFT – sulla scia di quanto hanno già fatto con Russia, Iran e Corea del Nord. Motivo per cui da tempo Russia, Cina e Iran stanno lavorando alla creazione di un sistema finanziario alternativo che, se da un lato, è la diretta conseguenza delle azioni di Washington per preservare il “vecchio” ordine globale, dall’altro, è anche lo strumento più potente per instaurare un nuovo sistema finanziario internazionale e, dunque, nuovi assetti geopolitici e di potere.

[di Giorgia Audiello]