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Una sentenza della Corte Europea apre ai nuovi OGM sul mercato

Con una sentenza [1] pubblicata il 7 febbraio scorso, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che gli organismi geneticamente modificati ottenuti con una particolare tecnica – la mutagenesi casuale in vitro – potranno finire sulle nostre tavole. Quindi, non saranno soggetti alle regole che in Europa disciplinano (e limitano) gli organismi geneticamente modificati (OGM). Una decisione che se da una parte ha trovato l’entusiasmo di investitori e operatori del settore, dall’altra ha attirato decine di critiche da parte dei consumatori e gruppi ambientalisti, preoccupati per l’allentamento delle restrizioni.

Ma andiamo nel dettaglio. La mutagenesi casuale comporta l’induzione di mutazioni genetiche spontanee negli organismi viventi, attraverso ad esempio l’uso di determinate sostanze chimiche che hanno la capacità di alterare la composizione genetica delle cellule vegetali e rendere le future piante più tolleranti o resistenti. In generale, il vantaggio è quello di riuscire ad aumentare in tempi rapidi la varietà di organismi a disposizione.

Tale tecnica di mutagenesi può essere applicata in due modi: in vitro (gli agenti mutageni sono impiegati su cellule della pianta) o in vivo (gli agenti mutageni sono impiegati sulla pianta intera o su parti di piante). Due facce della stessa medaglia che, per la corte UE, si somigliano. E, visto che la sicurezza della pratica in vivo è ormai comprovata da lungo tempo – ed è considerata una tecnica comune di miglioramento genetico delle piante, dichiarata esente dalla normativa con una sentenza del 2018 – anche quella in vitro può essere per questo ‘graziata’.

Nell’esposto della Corte si legge infatti che “in via di principio, è giustificato escludere l’applicazione della deroga prevista dalla direttiva 2001/18 agli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi fondati sulle stesse modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza”.

Chi si batte contro l’introduzione degli OGM [2] in Europa considera la decisione dell’UE un vero e proprio via libera alle modifiche genetiche. Tra loro c’è il Coordinamento europeo della Via Campesina – l’associazione dei piccoli agricoltori – , che in un comunicato ha scritto [3]: “Oggi la Corte di giustizia europea ha aperto la porta a una massiccia ondata di OGM non etichettati e non valutati, consentendo allo stesso tempo a un pugno di organizzazioni multinazionali di utilizzare i brevetti per appropriarsi e controllare la biodiversità delle colture”. Un’affermazione, quest’ultima, giustificata così: “Queste tecniche sono tutte brevettabili e quindi non sono né naturali né tradizionali. Sono state sviluppate poco prima del 2001, contemporaneamente alla transgenesi (anche se la maggior parte dei prodotti è arrivata sul mercato ben dopo il 2001), e generano gli stessi rischi per la salute e l’ambiente che giustificano gli attuali obblighi normativi di valutazione del rischio, etichettatura e tracciabilità”.

In generale, la Commissione europea, che definisce gli organismi geneticamente modificati come quelli il cui materiale genetico (il DNA) è stato modificato diversamente da come avviene in natura, ha una regolamentazione molto rigida a riguardo. La direttiva europea (2001/18 [4]), stabilisce che prima di poter essere immesso sul mercato UE, ogni prodotto o organismo geneticamente modificato deve essere sottoposto a una procedura di autorizzazione nel corso della quale è accuratamente valutata la sua sicurezza per l’uomo, gli animali e l’ambiente. A tal proposito, tra gli obblighi c’è anche quello di sorveglianza successiva alla commercializzazione – anche per quanto riguarda gli effetti a lungo termine legati all’interazione con altri OGM e con l’ambiente – e l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’etichettatura e la tracciabilità in tutte le fasi dell’immissione sul mercato.

Motivo per cui non tutti sono preoccupati per la decisione della Corte. Certo, qualcuno per ovvi motivi – come il gigante agrochimico Bayer [5], per cui la sentenza dovrebbe “aprire la strada all’Europa per sbloccare le opportunità della bio-rivoluzione”. Altri, come l’associazione degli agricoltori dell’UE, ha accolto con favore la sentenza, perché “dobbiamo accedere ai vantaggi dell’innovazione per essere più sostenibili e raggiungere quanto stabilito nel Green Deal europeo”.

[di Gloria Ferrari]