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Per la biodiversità nordamericana l’estinzione potrebbe essere già in atto

Per la biodiversità degli Stati Uniti, la sesta estinzione di massa potrebbe essere già in atto. Una percentuale compresa tra il 30 e il 40% degli ecosistemi USA è risultato infatti in pericolo secondo gli attuali criteri internazionali sullo stato di conservazione. Nel dettaglio, in tutto il Paese risultano ad oggi classificate a rischio 34 specie di piante su 100 e 4 specie animali su 10. Inoltre, più del 40% degli habitat è a rischio collasso. A riportare questi dati poco incoraggianti NatureServe [1], un’organizzazione per la conservazione che si è basata su mezzo secolo di dati e monitoraggi raccolti e condotti tra Stati Uniti e Canada. Tra le specie vegetali più minacciate figurano i cactus, mentre, volgendo lo sguardo al regno animale, le lumache d’acqua dolce e quelle terrestri sono quelle in stato di conservazione più critico.

Secondo il documento, in particolare, quasi la metà delle 181 specie di cactus note negli Stati Uniti è classificata come a rischio, vale a dire che, secondo i criteri dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), si trovano in uno stato vulnerabile, in pericolo, criticamente in pericolo o sono potenzialmente estinte. Discorso analogo per il 31% delle specie di felci e il 27% delle orchidee. Tra i già menzionati molluschi a rischio, circa il 75% delle specie di lumache d’acqua dolce e terrestre conosciute è poi più o meno sull’orlo dell’estinzione. Non se la passa bene nemmeno il 68% delle specie di cozze e, tra i crostacei, il 55% dei gamberi di fiume. Tra gli insetti, con il 37% delle specie valutate a rischio, sono  particolarmente minacciate le api e gli altri impollinatori. E anche allargando il raggio di osservazione, la situazione non è delle più rosee. Tra gli ecosistemi, quelli tropicali statunitensi sono tutti a rischio, sebbene l’impatto risulti in questo caso limitato a causa di una loro superficie totale relativamente piccola. Il rischio più consistente, considerando quindi anche l’estensione, è invece per gli arbusteti e le praterie temperate e boreali. Ad oggi, il 51% dei 78 tipi di prateria conosciuti è a rischio di collasso. A seguire, le foreste: a rischio, il 40% dei 107 tipi di foreste native USA.

Nel complesso, quel che è emerso dal rapporto è un quadro allarmante, il quale evidenzia quanto la sesta estinzione di massa possa essere molto più reale e vicina del previsto. Va comunque precisato che il documento in questione non rappresenta uno studio scientifico. Ciò non ne mina necessariamente l’attendibilità, ma è comunque bene tenerlo in conto. Ad ogni modo, i dati riportati, oltre ad essere numerosi e puntuali, poggiano su criteri testati e informazioni di base solide. Ulteriori evidenze, quindi, a sostegno del devastante impatto antropico sulla diversità biologica del Pianeta. Non è sicuramente un caso che a versare in tali condizioni critiche sia proprio la biodiversità di uno dei Paesi più industrializzati al mondo. E non è nemmeno un caso che le specie più minacciate degli Stati Uniti – come mostra una mappa del rapporto – si concentrino proprio a ridosso delle coste, le aree più urbanizzate della nazione. In tutti i Paesi in via di sviluppo, comunque, le cose non sono poi troppo diverse. L’unica vera differenza potranno farla politiche concrete ed immediate per invertire l’attuale declino di specie ed ecosistemi, essenziali, va ricordato, anche per la nostra stessa sopravvivenza.

[di Simone Valeri]