- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Le multinazionali del petrolio hanno raggiunto il record di profitto nel 2022

Nel 2022 le maggiori compagnie petrolifere e del gas del mondo hanno registrato profitti annuali da record grazie all’aumento dei prezzi degli idrocarburi, una tendenza presente fin da prima dell’inizio della guerra in Ucraina e solo peggiorata con lo scoppio del conflitto. Le major petrolifere Exxon MobilChevron, BP , Shell e TotalEnergies dovrebbero riportare un utile combinato di 190 miliardi di dollari per il 2022 secondo le stime degli analisti di Refinitiv. In particolare, Chevron ha registrato un profitto di 36,5 miliardi per il 2022, pari a più del doppio degli utili degli anni precedenti, ma inferiori del 6,6% alle previsioni di Wall Street per il quarto trimestre: le azioni Chevron sono scese dell′1,5% nel trading pre-mercato a 184,85 dollari. I profitti di Shell, invece, hanno raggiunto i 39,9 miliardi di dollari, il doppio dell’anno precedente e i più alti dei suoi 115 anni di storia: hanno superato, infatti, il suo precedente record di 31 miliardi di dollari del 2008. L’amministratore delegato di Shell, Wael Sawan, ha affermato che i risultati «dimostrano la forza del portafoglio differenziato di Shell» e la capacità dell’azienda di fornire energia «nonostante le incertezze». Ancora, il gruppo americano ExxonMobil ha avuto utili record pari a 55,7 miliardi, il doppio del 2021, mentre Bp, nei tre mesi da luglio a settembre, ha più che raddoppiato a 8 gli utili dello stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo gli 8,2 miliardi di utili.

Una situazione che naturalmente ha suscitato la condanna degli attivisti climatici, i quali considerano paradossale che durante il processo di transizione ecologica, con i combustibili fossili che dovrebbero essere via via sostituiti completamente dalle energie rinnovabili, si assista a una ripresa così smaccata dell’industria del fossile, mentre per diverse ragioni il settore delle rinnovabili stenta a decollare, essendo la domanda di idrocarburi ancora molto alta. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha affermato [1]: «le compagnie petrolifere globali segnalano il 2022 come l’anno più redditizio della loro storia. Nel frattempo, il pianeta continua a bruciare mentre i budget delle famiglie si riducono. Dobbiamo cambiare rotta. L’unica direzione credibile da prendere è lontano dai combustibili fossili e verso le energie rinnovabili». Ciò non ha impedito alle amministrazioni dei colossi energetici di avere come massima priorità il premio degli azionisti attraverso la distribuzione di dividendi più elevati e riacquisti di azioni proprie: lo scorso anno, Shevron ha pagato [2] 26 miliardi di dollari tramite dividendi e riacquisti agli azionisti e ha investito 15,7 miliardi di dollari in operazioni. Quest’anno aumenterà gli investimenti a 17 miliardi di dollari con due terzi delle spese negli Stati Uniti, dove la produzione di petrolio e gas è aumentata del 4% rispetto al 2021.

Il portavoce di Exxon Mobil, Erin McGrath, interpellato dalla CNBC, ha spiegato [3] che i prezzi dell’energia più elevati sono «in gran parte il risultato di uno squilibrio tra domanda e offerta» e che sono gli investimenti dell’azienda negli ultimi cinque anni a guidare i risultati trimestrali. Dal canto loro, i portavoce di BP e Shell non hanno voluto commentare i risultati dell’intero anno, mentre Chevron e TotalEnergies non hanno risposto quando sono stati contattati dalla CNBC. I profitti da record dell’industria energetica sono visti come una sorta di “rivendicazione” dai colossi del settore, in quanto dimostrerebbero come per la sicurezza energetica globale il settore fossile sia ancora di fondamentale importanza in opposizione alle pressioni di azionisti e attivisti per investire in energia pulita. Mark van Baal, attivista per il clima e fondatore dell’associazione Follow This [4], con riferimento alla transizione energetica ha affermato che «Quello che abbiamo visto accadere nel 2022 è che le major petrolifere hanno utilizzato gli alti prezzi del petrolio e la crisi energetica per convincere gli investitori che la crisi energetica dovrebbe eclissare la crisi climatica e questo ha causato una battuta d’arresto».

Allo stesso tempo, anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha condannato l’esorbitante mole di profitti realizzata dalle aziende energetiche, sebbene quest’ultime abbiano potuto realizzare utili da capogiro proprio a causa di certe politiche messe in atto dai governi: Biden ha accusato le compagnie petrolifere di aver raccolto una «manna di guerra [5]», rifiutandosi contemporaneamente di aiutare a ridurre i prezzi del gas alla pompa per i consumatori americani. Inoltre, la Casa Bianca ha protestato contro la decisione della Chevron di triplicare la sua spesa per il riacquisto di azioni, pari ora a 75 miliardi di dollari. L’amministrazione Biden vorrebbe che le aziende abbassassero i prezzi per i consumatori.

Anche in Italia, il colosso energetico ENI ha registrato incassi da capogiro grazie all’aumento del prezzo di gas e petrolio, una situazione che potrebbe ulteriormente peggiorare con l’embargo petrolifero [6] voluto dall’Ue con la potenziale diminuzione dell’offerta di petrolio da parte della Russia. In Occidente, i profitti extra delle compagnie petrolifere sono da attribuire soprattutto a precise scelte dei governi: in Europa, l’abbandono dei contratti a lungo termine con le società energetiche russe e il passaggio ai contratti “spot” sulla borsa di Amsterdam hanno consentito la speculazione con il relativo aumento dei prezzi. Una condizione peggiorata dalle sanzioni economiche che Ue e Stati Uniti hanno imposto alla Russia e per cui anche in America si è assistito ad una carenza di offerta di petrolio, tanto che Biden ha dovuto chiedere all’OPEC di aumentarne la produzione, richiesta peraltro non accolta dai principali produttori mondiali di greggio. Così, i colossi petroliferi hanno potuto approfittare della situazione energetica globale per aumentare esponenzialmente i profitti grazie agli stessi governi che dicono di sostenere la transizione alle energie rinnovabili, Unione europea in testa. Molti attivisti hanno dichiarato la necessità di denunciare i profitti delle aziende energetiche, in quanto «gran parte di questo denaro viene fatto a spese di milioni di persone che sono state spinte nella povertà a causa del costo alle stelle del gas».

[di Giorgia Audiello]