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La BCE alza di nuovo i tassi d’interesse: a pagare saranno i redditi bassi

Nel corso della riunione di febbraio, la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di incrementare il costo del denaro di un ulteriore 0,5%. Il tasso di interesse è arrivato così al 3%, con la BCE che non ha escluso un nuovo aumento di 50 punti base a marzo. Il rialzo avrà, secondo la Federazione autonoma bancari italiani (FABI), un impatto immediato su mutui e prestiti, con innalzamenti dei tassi di interesse per tutte le tipologie di finanziamento. Una stangata che in Italia riguarderà ben 6,8 milioni di famiglie, che hanno all’attivo un prestito di qualche tipo. Mentre per i mutui a tasso variabile l’importo delle rate da versare lieviterà del 31%, i nuovi mutui a tasso fisso saranno interessati da un incremento superiore al 100%.

Il contraccolpo è significativo, soprattutto se si considera la natura cumulativa del fenomeno. Già ad oggi, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile hanno subito aumenti fino al 43%. I nuovi mutui a tasso fisso sono passati, invece, da un interesse medio di circa l’1,8% ad anche oltre il 4%. Ovviamente nessun incremento per i mutui a tasso fisso accesi prima della crisi economica. Per quanto riguarda il finanziamento al consumo, il tasso d’interesse medio, che alla fine del 2021 era dell’8,1%, potrebbe arrivare all’11,3%. Per acquistare un’automobile da 25.000 interamente a rate, con un finanziamento da 10 anni, il costo totale passa così da 37.426 euro a 42.986 euro, con una differenza complessiva di 5.560 euro (+15%).

L’inflazione, unitamente alle risposte della Banca centrale europea, continuano a gravare sui conti di milioni di famiglie all’interno dell’Unione. L’obiettivo della BCE è rallentare la domanda di beni e servizi e per questo motivo ha aumentato, dallo scorso luglio, il costo del denaro. Secondo le previsioni dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) serviranno [1] almeno 12 mesi affinché l’inflazione venga riassorbita. Ciò significa che per l’anno corrente i prezzi di beni e servizi resteranno alti e il potere d’acquisto dei consumatori continuerà a erodersi. Questi ultimi si indebiteranno ulteriormente a causa delle nuove strette sui mutui e sui prestiti. Il risultato sarà sì una forte riduzione della domanda, ma a fronte di un taglio drastico dei consumi di ogni tipo. Si teme per il soddisfacimento di quelli essenziali, dal momento in cui a fare le spese dell’ultima congiuntura economica saranno ancora una volta i redditi più bassi. Negli ultimi mesi sono cambiate le abitudini legate al cibo: 1 italiano su 5 ha dichiarato di acquistare meno prodotti alimentari (soprattutto carne e pesce) rispetto al periodo pre-caro vita. Prima della crisi economica, circa un italiano su tre non riusciva a mettere da parte dei risparmi a fine mese; a dicembre la percentuale è lievitata al 41%. Sempre più persone hanno fatto ricorso ai tesoretti accumulati negli anni o hanno dovuto chiedere aiuto ai parenti.

[di Salvatore Toscano]