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“Non imbarchiamo armi”: portuali di Trieste e Monfalcone proclamano lo stato di agitazione

A seguito della dichiarazione del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in un’intervista esclusiva a Ring, in cui ha parlato del ruolo chiave dei porti a nord dell’Adriatico per la questione Ucraina, l’USB del Friuli Venezia Giulia ha proclamato [1] lo stato di agitazione nei Porti di Trieste e Monfalcone e chiesto immediati chiarimenti all’Autorità Portuale e ai Prefetti di Trieste e Gorizia.

“La dichiarazione recente del ministro Urso che vorrebbe Trieste come porto al servizio dell’Ucraina – scrivono nel comunicato stampa [2] – trova USB perfettamente d’accordo ma su un’iniziativa organica che favorisca la ricostruzione di un paese martoriato dalla guerra, non per alimentare ancora morte e distruzione. Per USB è necessario un tavolo permanente di trasparenza e monitoraggio promosso dall’Autorità Portuale di Sistema, per essere messi a conoscenza del materiale bellico di passaggio, le destinazioni e la tipologia. Il porto di Trieste è e deve essere un porto di pace, di unione tra popoli! I portuali triestini non accetteranno mai di imbarcare armamenti ed esplosivi e noi come USB siamo pronti a dare copertura formale a tutti i portuali promuovendo uno sciopero permanente delle movimentazioni di materiale bellico.”

Non è la prima volta che i portuali scendono in campo contro guerra e armi. A giugno dello scorso anno il collettivo autonomo dei lavoratori portuali di Genova (CALP) si è mosso, proponendo [3] a Bruxelles l’istituzione di una rete per la condivisione di informazioni sulle rotte delle armi, in modo da poter mettere in atto azioni concrete per contrastare un traffico che alimenta i conflitti tramite l’invio di strumenti di guerra.  

Per il prossimo 25 febbraio, inoltre, sempre il CALP ha proposto [3] una manifestazione nel capoluogo ligure, per protestare contro gli interessi economici e geopolitici che si nascondono dietro alle guerre e contro i governi dell’Unione Europea che hanno agito e agiscono «come burattini proni al diktat USA nell’inviare armi in Ucraina per far continuare il conflitto», senza impegnarsi in soluzioni diplomatiche a vantaggio dei popoli coinvolti. 

[di Iris Paganessi]