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La Ue presenta il nuovo piano industriale europeo in risposta al protezionismo USA

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato ieri il nuovo Green Deal Industrial Plan, il nuovo piano industriale in linea con il Green Deal europeo, volto a migliorare la competitività dell’industria a zero emissioni, supportando la transizione ecologica. Secondo quanto si legge sul sito della Commissione, «il piano mira a fornire un ambiente più favorevole per il potenziamento della capacità produttiva dell’UE per le tecnologie e i prodotti net-zero necessari per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa» ed è la risposta europea all’Inflaction Reduction Act (IRA) statunitense, la legge che stanzia una quantità di sussidi senza precedenti per convincere le imprese a tornare a investire negli Stati Uniti, approvata lo scorso agosto dal presidente americano Joe Biden. «Noi accogliamo con favore le notizie arrivate con l’Inflaction Reduction Act americano. Siamo concorrenziali e a nostro avviso è necessaria la concorrenza. E’ importante per noi garantire parità di condizioni a livello globale e all’interno del mercato unico», ha detto von der Leyen. L’iniziativa europea potrà contare nell’immediato sui fondi ancora disponibili del Next Generation EU, pari a 250 miliardi, più altri 100 miliardi provenienti dalle politiche di coesione. Al momento il piano è stato solo annunciato dalla Commissione, ma la bozza sarà già sul tavolo del prossimo Consiglio europeo previsto il 9 e 10 febbraio prossimi.

Il nuovo piano industriale europeo [1] è imperniato su diversi pilastri, tra cui la creazione di «un ambiente normativo prevedibile e semplificato» la sospensione del divieto degli aiuti di Stato attraverso il cosiddetto Temporary Crisis and Transition Framework (TCTF), e la creazione di un fondo sovrano comune entro l’estate. Il primo punto prevede la creazione di un quadro normativo più snello che eviti i problemi e le lungaggini di un eccesso di burocrazia per consentire una crescita economica più rapida. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato sarà concesso il sostegno finanziario statale alle imprese, estendendo le categorie di esenzione dal divieto e aumentando le cifre dei finanziamenti possibili, in base però alla disponibilità dei singoli Stati di spendere in deficit. E proprio questo è uno dei punti più critici del piano, in quanto agevola nazioni con un più ampio margine fiscale, come la Germania, discriminando, invece, Paesi con un debito più alto come l’Italia. Per questo, nel non paper [2] in cui l’Italia ha esposto le sue considerazioni sul piano in vista del Consiglio europeo, si legge che «Lo snellimento delle norme Ue sugli aiuti di Stato non deve trasformarsi in un “lasciapassare” per tutti, che darebbe un vantaggio competitivo agli Stati membri con un maggiore margine di manovra fiscale o con maggiori opportunità di sottoscrivere il debito a condizioni vantaggiose. Questo non farebbe altro che innescare una corsa alle sovvenzioni all’interno dell’Ue e portare a una frammentazione del mercato unico». Si legge, inoltre, che «La semplificazione amministrativa è necessaria per accelerare e facilitare le procedure di approvazione che attualmente sono troppo lunghe e onerose». Il non paper è stato inviato alla Commissione e agli altri 26 Stati membri.

Per ovviare al problema della diversa possibilità degli Stati di sovvenzionare le industrie, la Commissione ha proposto in primo luogo di utilizzare i fondi già allocati al programma REPowerEu [3] – il piano della Commissione europea per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi prima del 2030 – e, successivamente, di lavorare alla creazione, entro l’estate,  di un fondo sovrano europeo che permetta ai singoli stati di investire sulla base di risorse comuni. «Incoraggeremo gli Stati membri ad usare i fondi del RepowerUe per concedere sgravi fiscali alle industrie a zero emissioni», ha affermato von der Leyen, spiegando anche che il REPowerEu è «lo strumento ponte di cui abbiamo bisogno ora», in attesa della revisione del bilancio pluriennale per l’istituzione del fondo sovrano. Ha detto quindi che «Per garantire una rapida implementazione delle misure di RePowerEu, gli Stati membri dovrebbero presentare i loro PNRR modificati con i capitoli REPowerEU entro e non oltre il 30 aprile 2023».

Riguardo al fondo per la sovranità, la von der Leyen ha specificato che «si incentra su una idea: abbiamo bisogno di progetti europei comuni che si basino su tecnologie all’avanguardia e vogliamo garantire che queste siano disponibili in tutta l’Ue. Per questo progetto comune è necessario uno strumento di finanziamento comune europeo. Riesamineremo il bilancio pluriennale ma con gli Stati membri dovremo valutare altre possibilità di finanziamento. I principi sono chiari, poi parleremo delle tecniche di finanziamento». L’idea del fondo sovrano richiama da vicino, nelle modalità di attuazione, il funzionamento del Recovery Fund, per cui si mettono a disposizione fondi presi a debito – che quindi andranno restituiti – con tutte le vincolanti condizioni che saranno richieste per accedervi. Inoltre, l’idea della costituzione del fondo è ancora tutta da definire e richiederà diverso tempo. Inizialmente, dunque, si punterà solo sul REPowerEu, inserito nel PNRR, e sulle modifiche al “quadro temporaneo” – Temporary Crisis and Transition Framework (TCTF) – che discrimina però i Paesi con scarsa possibilità di investire in deficit e rischia di innescare la competizione tra gli Stati membri. La vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager, infatti, ha messo le mani avanti affermando che «Dobbiamo evitare una corsa ai sussidi. Se competiamo individualmente come Stati membri perderemo nell’insieme».

In risposta all’IRA americano, da parte dell’Ue si nota una reazione sorprendentemente moderata sia nei contenuti che nei toni a quella che di fatto è un’iniziativa del neo protezionismo americano, sempre contestato sia dal mondo democratico sia dall’impostazione neoliberista di Bruxelles. Ciò conferma indirettamente non solo che il “fondamentalismo” del libero mercato è fallimentare soprattutto in periodi di crisi, ma anche il fatto che le norme quadro europee, come quelle sul divieto degli aiuti di Stato, rallentano la crescita e per questo sono state sospese. L’Europa è stata, dunque, costretta a correre ai ripari, elaborando un piano che possa arginare la scorretta competizione americana prodotta dall’IRA, abiurando così i suoi principi economici fondativi, basati sull’assenza dello Stato nella sfera economica. Lo stesso governo italiano, infatti, ha scritto nel non report che «La legge sulla riduzione dell’inflazione è in linea con gli obiettivi europei, incoraggiando la produzione di tecnologie verdi. Tuttavia, può tradursi in un vantaggio competitivo, spingendo molte aziende europee a trasferire le loro attività all’estero. Questo aggrava il problema dei prezzi elevati dell’energia, che pongono le nostre imprese in una posizione di svantaggio competitivo rispetto ai loro concorrenti americani e mondiali».

[di Giorgia Audiello]