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Avvisi di morte sul vino come sulle sigarette: l’UE dà il via libera alla proposta

L’Irlanda potrà adottare il suo piano di etichettatura con cui il vino, la birra ed i liquori verranno sostanzialmente messi sullo stesso piano delle sigarette: è questa la conseguenza del modus operandi dell’Unione Europea, la quale recentemente ha di fatto dato il via libera alla norma irlandese che prevede di rifarsi ad avvertenze con cui mettere in guardia i consumatori dal rischio di ammalarsi di cancro e di andare incontro a malattie del fegato a causa dell’alcool. La disposizione era stata infatti notificata [1] nello scorso mese di giugno da Dublino alla Commissione europea che, non avendo posto alcuna obiezione prima della scadenza del periodo di moratoria (fine dicembre), ha di fatto autorizzato l’Irlanda ad adottare la normativa. Un via libera, tra l’altro, arrivato nonostante i pareri contrari di diversi Stati Membri, che considerando la misura come una barriera al mercato interno si sono opposti ad essa.

Tra questi l’Italia, con il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida che ha definito [2] la decisione «gravissima». «Crediamo che dietro questa scelta un’altra volta si miri non a garantire la salute ma a condizionare i mercati e che la spinta in questo senso viene da nazioni che non producono vino e dove si abusa di superalcolici», ha inoltre affermato il ministro, ponendo l’attenzione sul fatto che l’intento sia proprio quello di «equiparare il vino ai superalcolici» nonostante lo stesso, se utilizzato in maniera moderata, sia un «alimento sano». Una posizione, quest’ultima, a quanto pare condivisa anche da alcuni membri del comitato scientifico di MOHRE (l’Osservatorio Mediterraneo per la Riduzione del Rischio in medicina) che si sono schierati [3] contro il piano di etichettatura. «Mentre non c’è nessuna evidenza che le sigarette non siano dannose per la salute, in letteratura scientifica ci sono studi che mostrano che basse dosi di vino sono in grado di allungare la sopravvivenza di chi le consuma», ha ad esempio affermato Fabio Lugoboni – responsabile dell’Unità Medicina delle Dipendenze del Policlinico veronese Giambattista Rossi – mentre secondo l’oncologo medico Oscar Bertetto «alle giuste dosi il vino può essere consumato senza problemi».

È anche in virtù di tali considerazioni, dunque, che le critiche arrivate dal mondo associativo risultano essere a maggior ragione rilevanti. “Il via libera dell’Unione Europea alle etichette allarmistiche sul vino è un attacco diretto all’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero” ha ad esempio affermato [4] la Coldiretti, sottolineando che l’Irlanda “potrà adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze terroristiche, che non tengono conto delle quantità, come ‘il consumo di alcol provoca malattie del fegato’ e ‘alcol e tumori mortali sono direttamente collegati'”. «È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino», ha inoltre dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che «il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate». Micaela Pallini, Presidente di Federvini, ha invece definito [5] la normativa irlandese «unilaterale, discriminatoria e sproporzionata», invitando il Governo italiano ad attivarsi «quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà».

Insomma, in Italia i pareri negativi nei confronti della normativa di fatto autorizzata dall’UE sono tanti, e del resto essi paiono giustificati non solo dalle opinioni degli esperti sopracitate, ma anche da un modus operandi dell’Unione alquanto enigmatico. L’utilizzo dei nitriti e dei nitrati, ad esempio, è consentito dalla normativa europea, ed i regolamenti europei sugli additivi alimentari permettono un impiego anche generoso di tali sostanze sui vari tipi di carni, pesce e formaggi che vengono messi in commercio: per rendere l’idea, nella produzione di aringhe e spratti marinati in scatoletta o al banco gastronomia, si possono aggiungere fino a 500 milligrammi di nitrato per ogni chilo di prodotto. Un atteggiamento che sembra essere alquanto permissivo, soprattutto se si considera che non vi è alcun obbligo di legge di indicare la quantità in etichetta ingredienti ma soltanto la loro presenza, nonostante i nitriti ed i nitrati favoriscano [6] alcuni tipi di tumore. Certo, tornando al vino bisogna ricordare che l’etichettatura riguarda esclusivamente l’Irlanda e non in generale tutti i paesi dell’UE, ma il timore adesso è che l’esempio irlandese possa essere seguito da altri Stati membri, che potrebbero sentirsi legittimati ad agire nel medesimo modo.

[di Raffaele De Luca]