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Meloni vuole evitare ogni conflitto con l’Europa: ritirata la proroga delle concessioni balneari

Per la conversione in legge del decreto “Milleproroghe” sono stati presentati in Senato circa 1.200 emendamenti. Tra questi, sarebbe apparsa la proposta a prima firma Mennuni (FdI) di eliminare il termine del 31 dicembre 2023 per la liberalizzazione del settore balneare, come voluto dalla direttiva europea Bolkestein [1]. Dunque, nessuna messa al bando per la gestione delle spiagge ma estensione delle concessioni fino “al varo della riforma complessiva del settore”. Tuttavia, dopo poche ore, l’emendamento è decaduto e quello che poteva apparire come un ritorno alle origini del pensiero meloniano, e dunque anti-Bruxelles, si è trasformato in retromarcia istituzionale o, per i più affezionati ai termini primorepubblicani, nell’ennesimo giro di valzer della politica italiana. Un giro a monte evitabile, dal momento che sul destino delle spiagge italiane pesano la decisione del Consiglio di Stato e la natura vincolante delle direttive europee rispetto al risultato da conseguire, in questo caso la liberalizzazione del settore balneare.

L’emendamento di Fratelli d’Italia è durato poco più di 24 ore. Il tempo di una probabile strigliata da parte dell’Unione Europea, che potrebbe ricorrere alla procedura d’infrazione e multare dunque l’Italia per l’inadempimento nei confronti della direttiva Bolkestein, approvata nel 2006 e recepita da Roma nel 2010 mediante decreto legislativo. Resta così inalterata la liberalizzazione del settore balneare, con la scadenza per la messa al bando delle spiagge italiane fissata al 31 dicembre 2023. Ciò che può fare l’esecutivo è tentare di risolvere uno degli aspetti più criticati della direttiva, ovvero la forza impari tra fondi di investimento o multinazionali e le famiglie che vedono nella gestione demaniale l’unica fonte di reddito, stabilendo condizioni di tutela nei bandi, previo confronto con Bruxelles.

[di Salvatore Toscano]