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Controlli dei NAS nelle RSA per anziani: una su quattro è irregolare

Una residenza per anziani su 4 è irregolare. Lo dicono i risultati dei controlli effettuati dai NAS (un’unità dei Carabinieri adibita a proteggere la salute pubblica attraverso controlli, investigazioni e ispezioni sanitarie) durante le festività appena trascorse, quando cioè si verifica solitamente un aumento della domanda di ospitalità. Su 607 strutture ispezionate – fra quelle specifiche per la cura e l’ospitalità di persone anziane e/o portatrici di disabilità come RSA, case di riposo, comunità alloggio e case famiglia – 152 sono risultate non a norma, cioè il 25%.

Le maggiori criticità sono state riscontrate in ambito igienico, strutturale e sulla capienza (in alcune sedi erano presenti più anziani di quanto le autorizzazioni ne permettessero). I NAS, tra le altre cose, hanno rinvenuto dispositivi medici e farmaci scaduti, alimenti andati a male e irregolarità nella gestione e somministrazione delle cure. Motivo per cui 27 persone sono state sanzionate per violazioni penali e 133 per illeciti amministrativi, per un totale di 167mila euro. Sei strutture sono state chiuse perché risultate abusive o troppo carenti in termini sanitari e assistenziali e gli anziani che fino a quel momento vi avevano alloggiato sono stati sistemati presso le famiglie d’origine o in altre strutture.

Gli interventi più significativi si sono registrati a Reggio Calabria, dove i NAS hanno sequestrato una struttura adibita ad ospitare persone con disabilità psichiche, ma che in realtà è risultata sprovvista di autorizzazione (un caso simile si è verificato a Perugia). Immediata la denuncia scattata nei confronti della direzione, accusata tra l’altro di aver conservato 10 kg di cibo avariato. Lo stesso è accaduto a Cremona. A Campobasso, invece, gli agenti hanno chiuso una parte di una casa di riposo perché carente strutturalmente e piena oltre la capienza consentita, mentre in provincia di Trento sono stati segnalati (e multati con 48mila euro) all’Autorità Amministrativa e Sanitaria sia il legale responsabile che la direttrice di una RSA, accusati di aver conservato più di 100 dispositivi medici diagnostici per la rilevazione del Covid-19 scaduti da oltre due anni, pronti da utilizzare sugli ospiti. E la lista continua ancora, toccando moltissime città italiane, da Nord a Sud.

Di RSA e residenze per anziani si è parlato soprattutto nel periodo pandemico. Secondo il rapporto “Abbandonati”, [1] redatto da Amnesty International in merito alle violazioni dei diritti umani nelle strutture di residenza sociosanitarie durante l’emergenza da Covid-19, le istituzioni italiane a livello nazionale, regionale e locale hanno mostrato grosse lacune nell’adottare tempestive misure assistenziali per proteggere la vita e la dignità delle persone anziane. “Il ritardo nell’emanazione di provvedimenti adeguati, o la loro totale mancanza, si sono spesso tradotti in violazioni del diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione”, ha scritto l’Organizzazione.

In realtà le condizioni in cui versano le strutture erano già complicate anche prima della pandemia, in particolar modo in merito alla capienza. I dati dicono che [2] nel 2019 in Italia c’erano circa 265.000 posti letto in RSA e in strutture con valenza sociosanitaria. Praticamente 19,2 posti letto ogni 1.000 abitanti over 65, contro la media OCSE di 47,2. Cifre che ci collocano al terz’ultimo posto, avanti solo a Polonia e Turchia. E, laddove si riesca a trovare posto, il rischio è di capitare in mani sbagliate. In base ad altre indagini condotte dai Carabinieri sul finire del 2022 in ospedali e RSA di tutta Italia, è emersa l’irregolarità di 165 posizioni lavorative [3]. Tra le anomalie accertate, ci sono medici forniti dalle cooperative con un’età superiore a quella prevista dal contratto, l’esercizio abusivo della professione ma anche l’impiego di figure sanitarie esterne collocate in attività lavorativa senza l’adeguata formazione.

[di Gloria Ferrari]