- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Cosa è successo veramente in Brasile

La tensione politica che si protrae da mesi in Brasile è sfociata ieri in un assalto ai palazzi istituzionali della capitale Brasilia da parte dei sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, sconfitto alle ultime elezioni politiche da Luiz Inacio Lula da Silva. I manifestanti pro-Bolsonaro, tuttavia, non ne riconoscono la sconfitta e hanno quindi dato vita a un tentativo di insurrezione che ricorda molto la vicenda americana di Capitol Hill, quando alcuni presunti sostenitori di Trump avevano fatto irruzione nel Congresso. Dopo alcune ore di scontri, durante cui sono stati assaltati e vandalizzati i tre principali palazzi del potere, le ostilità sono cessate nella notte italiana di ieri sera con circa 400 arresti. Non sono mancate polemiche sui ritardi circa l’intervento delle forze dell’ordine, mentre è stato rimosso il governatore di Brasilia, Ibaneis Rocha, per un periodo di 90 giorni. Dura e ferma la condanna del presidente Lula che ha parlato di attacco «vandalo e fascista», dichiarando che «troveremo tutti questi vandali e saranno tutti puniti». Il presidente brasiliano ha inoltre convocato per oggi una riunione di emergenza dei 27 governatori. Appare tardiva, invece, la condanna di Bolsonaro, che si trova attualmente in Florida e che è stato accusato dal ministro della Giustizia, Flavio Dino, di essere corresponsabile degli attacchi. «Le manifestazioni pacifiche, sotto forma di legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sfuggono alla regola», ha scritto in un tweet dopo aver respinto le accuse.

I “bolsonaristi”, alcuni dei quali vestiti con le maglie gialle della squadra di calcio brasiliana, sono riusciti a sfondare i cordoni di sicurezza, dopo che l’area era stata isolata dalle autorità, e la folla ha fatto irruzione nei tre principali palazzi del potere: ha assaltato, infatti, il Parlamento, il palazzo presidenziale Planalto e la sede del Tribunale Supremo Federale. I danni sono ingenti e il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes ha ordinato alle piattaforme di social media Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la propaganda golpista. Inoltre, i manifestanti nella notte hanno bloccato [1] autostrade e strade federali in almeno quattro stati: Mato Grosso, Paranà, Santa Caterina e San Paolo. Lo stato del Mato Grosso è il più colpito dalle proteste dei sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro. Secondo [2] il sito online Fohla de S. Paulo, uno dei tre principali quotidiani brasiliani, durante l’attacco, «l’esercito ha impedito nella notte di domenica l’ingresso della Polizia Militare del Distretto Federale nell’area dove sono accampati i bolsonaristi estremisti a Brasilia, di fronte al quartier generale della Forca». De Moraes ha affermato che il governatore del Distretto Federale ha ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità, motivo per cui successivamente è stato rimosso [3]. «La violenta escalation di atti criminali è circostanza che può verificarsi solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione, delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence», ha asserito. L’immagine che emerge, dunque, è quella di un Paese spaccato, dove non solo la popolazione è profondamente divisa tra sostenitori di Lula e sostenitori di Bolsonaro, ma in cui anche una parte delle istituzioni e dell’esercito avalla la versione della presunta irregolarità delle elezioni, giustificando così quella che potrebbe essere stata la pianificazione di un colpo di Stato a tutti gli effetti.

Proprio per la difficoltà di coordinare le forze di sicurezza, Lula  – che al momento dell’attacco si trovava nella città alluvionata di Araraquara  – ha annunciato, durante la conferenza stampa [4] tenuta in diretta televisiva, di aver decretato un intervento federale che pone tutte le forze di sicurezza di Brasilia sotto il controllo di una sola persona nominata dallo stesso Lula: si tratta di Ricardo Garcia Capelli che deve riferire direttamente al presidente e che può impiegare «qualsiasi corpo civile o militare» per mantenere l’ordine. Inoltre, per rafforzare la sicurezza, almeno tre Stati – Bahia, Piauí e Pernambucohanno – hanno annunciato l’invio della polizia militare che si unirà alla Forza Nazionale nel Distretto Federale di Brasilia. In serata, Lula è tornato a Brasilia dove ha visitato i luoghi dell’assalto ed è stato ricevuto dalla presidente del tribunale federale Rosa Weber, e dai giudici Dias Toffoli e Lui’s Roberto Barroso.

La vicenda coinvolge anche il piano politico internazionale, in quanto Bolsonaro si trova in Florida dal 30 dicembre ed è considerato “amico” di Trump che ha anche visitato nella sua residenza a Mar-a-Lago. La questione, dunque, rischia di acuire la tensione anche negli Stati Uniti, con alcuni esponenti del Partito Democratico che hanno chiesto [5] che l’ex presidente brasiliano lasci il Paese a causa degli ultimi avvenimenti. Da parte sua, Bolsonaro ha respinto le accuse del ministro della Giustizia, Dino, che ha dichiarato che «la responsabilità politica di Bolsonaro è inequivocabile». «Tutti coloro che vogliono polarizzare, istigare la pratica dei crimini, l’estremismo, sono politicamente responsabili, per azione o per omissione» ha aggiunto. Bolsonaro però ha parlato di accuse «senza prove», spiegando che «durante tutto il mio mandato, ho sempre rispettato la Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà».

Tutto il mondo ha condannato gli atti potenzialmente sovversivi avvenuti a Brasilia: da Giorgia Meloni a Emmanuel Macron, dalle istituzioni Ue a Joe Biden, si è sollevato un coro unanime di condanne. Biden ha parlato «attacco alla democrazia» per tutti, mentre il presidente francese Macron ha asserito che «la volontà del popolo brasiliano e le istituzioni devono essere rispettate». La premier italiana Giorgia Meloni ha parlato, invece, della necessità di «un urgente ritorno alla normalità», esprimendo solidarietà alle istituzioni brasiliane. Una dura condanna è arrivata anche dalla Russia: il senatore e vicepresidente del Consiglio della Federazione, Konstantin Kosachev, ha definito [6] la vicenda «Uno strano e insensato “colpo di stato nel nulla” in Brasile. Le ultime elezioni presidenziali sono andate bene e sono state riconosciute dalla comunità brasiliana e internazionale». Ha quindi augurato al Brasile il ripristino della legge e dell’ordine, nonché stabilità e prosperità.

[di Giorgia Audiello]