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Caso Omerovic, poliziotto arrestato per torture al disabile “caduto” dalla finestra

Hasib Omerovic non avrebbe tentato il suicidio, ma si sarebbe gettato dalla finestra della sua stanza, a 9 metri da terra, per sfuggire alle violenze degli agenti che avevano fatto irruzione in casa sua. Per quei fatti Andrea Pellegrini, agente di polizia del commissariato di Primavalle (Roma), è stato accusato di tortura, oltre che di falso in concorso con altri due agenti per aver rilasciato dichiarazioni false nell’annotazione di servizio a seguito dei fatti. Il gip di Roma ha disposto nei suoi confronti un’ordinanza di misura cautelare di arresti domiciliari.

La vicenda [1] risale a quest’estate: il 25 luglio Hasib Omerovic, 36enne sordomuto, “cadeva” dalla finestra della propria camera durante un sopralluogo delle forze dell’ordine. I fatti hanno avuto luogo nel quartiere di Primavalle, periferia nord-ovest di Roma. Sul momento gli agenti avevano parlato di un sopralluogo tranquillo: erano intervenuti a seguito delle lamentele di alcuni residenti riguardanti presunte molestie ai danni di una ragazzina del quartiere, al quale Omerovic avrebbe scattato delle foto (accuse mai confermate). Poi, mentre erano sul punto di lasciare la casa, avrebbero sentito la tapparella della finestra alzarsi, la stessa dalla quale Omerovic si sarebbe gettato. La sorella dell’uomo, presente in casa al momento dei fatti, aveva tuttavia sin da subito riportato una versione alquanto diversa, parlando di un violento pestaggio eseguito dagli agenti ai danni del fratello prima che questi fosse lanciato dalla finestra.

A distanza di cinque mesi dai fatti, il quadro descritto nell’ordinanza del gip di Roma sembra confermare quanto affermato dalla donna. Fondamentale per le indagini è stato il racconto [2] di Fabrizio Ferrari, altro agente presente sulla scena. Pellegrini, insieme agli altri agenti, avrebbe infatti fatto irruzione [3] nell’abitazione di Omerovic intimandogli di non azzardarsi mai più «a scattare foto a quella ragazzina» e tirandogli «due schiaffi nella zona compresa tra il collo e il viso», impugnando poi «un coltello da cucina» e brandendolo contro l’uomo. In seguito avrebbe sfondato la porta della stanza di Omerovic, nonostante questi «si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi», lo avrebbe costretto a sedersi legandogli i polsi con il filo elettrico del ventilatore e, continuando a minacciarlo con il coltello, avrebbe aggiunto «Se lo rifai, te lo ficco nel c…», continuando nel mentre a schiaffeggiarlo. Una volta rientrato in caserma, Pellegrini si sarebbe avrebbe rivolto ad un collega la domanda «Che te frega se muore?».

Quanto avvenuto, riporta il gip, avrebbe causato a Omerovic «un verificabile trauma psichico, in virtù del quale precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti», oltre a costituire «plurime e gravi condotte di violenza e minaccia». I fatti sono «indubbiamente di entità grave, commessi in spregio della funzione pubblica svolta, nonché violando fondamentali regole di rispetto della dignità umana», oltre che «del tutto gratuiti». Alle misure cautelari nei confronti di Pellegrini si aggiungono poi altri quattro avvisi di garanzia, notificati ad altrettanti poliziotti indagati, accusati a vario titolo di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio. A seguito di quanto avvenuto, infatti, i poliziotti hanno redatto una reazione di servizio che raccontava ben altra storia.

Mentre la vicenda assume contorni più netti e sempre più inquietanti, appare come certo il dato dell’approccio garantista messo in atto a favore degli agenti i quali, nonostante [4] le pesanti accuse e le indagini a loro carico, in questi mesi non sono mai stati sospesi dal servizio né hanno subito alcun procedimento disciplinare per via del “segreto investigativo” che copre le indagini preliminari.

[di Valeria Casolaro]