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Los Angeles vieta di scavare nuovi pozzi petroliferi e chiuderà quelli esistenti

Con voto unanime tutti e 12 i membri del Consiglio comunale della città di Los Angeles, a sud della California, hanno deciso di vietare [1] su tutto il territorio nuove trivellazioni di pozzi di petrolio e gas, ordinando tra l’altro la chiusura, entro i prossimi vent’anni, di quelli già esistenti. Anzi, se le compagnie petrolifere saranno in grado di recuperare i loro investimenti ancora prima di tale scadenza, la chiusura potrebbe verificarsi con un certo anticipo. Si tratta di una decisione storica e in controtendenza con quanto sta accadendo in gran parte del mondo occidentale, dove la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia sono state il pretesto per abbandonare gli obiettivi di transizione e tornare ad utilizzare al massimo le fonti fossili.

Una svolta che i cittadini di L.A. possono un po’ considerare una vittoria personale: sono anni che comitati e organizzazioni si battono per dimostrare quanto l’inquinamento generato dalle perforazioni abbia danneggiato la loro salute. Sono numerosi, tra l’altro, gli studi che negli anni hanno evidenziato [2]che i pozzi petroliferi emettono agenti cancerogeni tra cui benzene e formaldeide: quest’ultima, in particolare, nel 2004 è stata inserita dallo IARC [3] (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) tra i composti del gruppo I (cioè cancerogeni certi).

Secondo quanto riportato dal Los Angeles Times [4], sulla base dei dati forniti dal dipartimento di pianificazione, sul territorio cittadino sono presenti 26 giacimenti di petrolio e gas e più di 5.000 pozzi, tra attivi e inattivi (alcuni dei quali in centro città). Va precisato che un pozzo inattivo non è necessariamente inerte: potrebbe infatti non essere stato chiuso in maniera definitiva, e per questo perfettamente in grado di continuare a emettere sostanze nocive così come tornare operativo nel giro di poco. Come prevedibile, l’industria petrolifera si è fortemente opposta al divieto varato dalla città, sostenendo che eliminare la produzione interna di petrolio significa diventare dipendenti da quella straniera (proveniente da Paesi come Arabia Saudita, Ecuador e Iraq).

Hector Barajas, che si è espresso [5] in qualità di portavoce della California Independent Petroleum Association e rappresentante dei produttori di petrolio e gas all’interno dello Stato, ha dichiarato a sostegno della tesi precedentemente citata che grazie al lavoro delle compagnie petrolifere nel 2021 sono stati prodotti 2,5 milioni di barili di greggio (gli USA in generale producono giornalmente più 12 milioni di barili [6]).

Barajas, tra le altre cose, ha inoltre sottolineato che [5] «il nostro petrolio, interno allo Stato, è l’unico al mondo conforme alle regole californiane, dato che i produttori di petrolio devono aderire al programma statale di riduzione dei gas serra e tenere conto di tutte le emissioni». In altre parole, a suo dire, la decisione del Consiglio sarebbe sbagliata principalmente perché obbligherebbe lo Stato a rifornirsi altrove, acquistando petrolio non conforme alle leggi della California perché «le importazioni di petrolio dall’estero sono totalmente esenti da tali requisiti». Contrari alla risoluzione anche due ingegneri della Yorke Engineering, società californiana che ha il compito di verificare la qualità dell’aria e la conformità ambientale. A parer loro, dopo l’emanazione del divieto, i produttori abbandoneranno gradualmente i pozzi, generando un aumento significativo dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di gas serra. Preoccupazioni sedate da Mike Feuer [7], procuratore della città, per cui è difficile dare credito a tali affermazioni, soprattutto perché gli studi e le analisi di altre società altrettanto rispettabili dicono il contrario.

È stato calcolato [4] che più di 500mila persone residenti a Los Angeles vivono ad una distanza non superiore a 400 metri da pozzi attivi, respirando di fatto tutto quello che la “buca” rilascia. Complessivamente, quasi un terzo dei pozzi della città si trova dove teoricamente non dovrebbe essere: tra parchi, scuole e case. «Centinaia di migliaia di abitanti hanno dovuto crescere i propri figli, andare a lavorare, preparare i pasti e andare nei parchi all’ombra della produzione di petrolio e gas», ha commentato Paul Krekorian, a capo del Consiglio comunale di Los Angeles.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista [8] scientifica Sciencedirect, le persone che vivono nei pressi di pozzi petroliferi corrono il rischio (più degli altri) di avere asma, malattie respiratorie e cancro, o di dare alla luce bambini prematuri. Presentano inoltre spesso irritazione agli occhi e al naso, mal di gola e vertigini. E una serie di altre gravi complicazioni ancora. Difficile pensare che tenere i pozzi aperti possa giovare più che chiuderli.

[di Gloria Ferrari]