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Studio: il cervello degli adolescenti è invecchiato dopo i lockdown

Gli adolescenti che hanno vissuto il lockdown messo in campo durante il periodo pandemico hanno un cervello invecchiato precocemente: è quanto si evince da un recente studio [1] condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, con cui è stato confrontato un gruppo di giovani analizzato prima della pandemia con un altro gruppo di ragazzi studiato dopo la fine delle chiusure avutesi nel corso dell’emergenza sanitaria. Ad essere emersi sono infatti dei veri e propri cambiamenti fisici del cervello, con un’età cerebrale risultata “più avanzata” nei giovani esaminati dopo la conclusione delle restrizioni. Se a tutto ciò poi si aggiunge che in questi ultimi sono stati rilevati anche problemi di salute mentale più gravi, il quadro che nel complesso emerge dallo studio non può che generare preoccupazione.

Nello specifico ad aver partecipato allo studio – pubblicato sul Biological Psychiatry: Global Open Science – sono stati 163 adolescenti, anche se solo una parte di essi è stata selezionata per effettuare il confronto menzionato. La ricerca del resto era stata avviata con l’obiettivo di valutare gli “effetti dello stress della prima infanzia sulla psicobiologia durante la pubertà”, tuttavia con l’avvento della pandemia e delle relative chiusure i lavori sono stati interrotti, motivo per cui gli studiosi hanno successivamente perseguito obiettivi differenti da quelli iniziali. I 163 partecipanti sono dunque stati divisi nei due gruppi sopracitati, e dopodiché solo gli individui idonei ad essere abbinati sono stati confrontati.

Relativamente alla struttura cerebrale, quindi, sono stati confrontati 64 adolescenti appartenenti al “gruppo pre-Covid” con altri 64 facenti parte del gruppo analizzato dopo la fine delle chiusure. Ad essere emerso è stato il fatto che il secondo gruppo aveva “uno spessore corticale bilaterale ridotto” ed un maggiore “volume bilaterale ippocampale e dell’amigdala”: tutta una serie di cambiamenti strutturali che si hanno naturalmente con l’avanzare dell’età, ma che nel secondo gruppo si sono appunto verificati in maniera maggiore. Non sembra essere un caso, quindi, il fatto che “nonostante i due gruppi fossero abbinati per età e altre caratteristiche demografiche rilevanti” gli adolescenti del secondo gruppo sono risultati caratterizzati da una età cerebrale “più avanzata rispetto ai loro coetanei valutati prima della pandemia”.

«La differenza di età cerebrale era di circa tre anni – non ci aspettavamo un aumento così grande dato che il lockdown è durato meno di un anno», ha affermato [2] il primo firmatario dello studio Ian Gotlib fornendo un dettaglio che inevitabilmente genera preoccupazione, a maggior ragione se si considerano anche i risultati relativi alla salute mentale del gruppo di adolescenti che hanno sperimentato il lockdown. Gli stessi, infatti, si sono differenziati significativamente dai ragazzi del “gruppo pre-Covid”, riportando “sintomi più gravi di ansia e depressione” nonché “problemi di interiorizzazione”.

Ad ogni modo però – come sottolineato [3] da Gotlib – non è chiaro se i cambiamenti nella struttura cerebrale osservati dal team di Stanford siano collegati alla peggiore salute mentale riportata. Inoltre, Gotlib ha precisato altresì che non si sa se tali cambiamenti saranno permanenti, affermando: «La loro età cronologica alla fine raggiungerà la loro ‘età cerebrale’? Se il loro cervello rimarrà permanentemente più vecchio della loro età cronologica, non è chiaro quali saranno i risultati in futuro. Per un settantenne o ottantenne, ti aspetteresti alcuni problemi cognitivi e di memoria basati sui cambiamenti nel cervello, ma cosa significa per un sedicenne se il suo cervello sta invecchiando prematuramente?».

Aspetti, quelli appena citati, su cui a quanto pare in futuro si dovrà indagare, essendo al momento contornati da un alone di mistero. Ad essere meno incerto, però, è il punto di partenza, rappresentato appunto dall’impatto della pandemia sulla salute mentale e sulla struttura cerebrale dei giovani. «Sembra che la pandemia non solo abbia influito negativamente sulla salute mentale degli adolescenti, ma abbia anche accelerato la loro maturazione cerebrale», concludono infatti gli autori dello studio, sottolineando da un lato di aver tramite lo stesso confermato i dati già esistenti a sostegno dell’impatto negativo dell’emergenza sanitaria sulla salute mentale dei giovani, e dall’altro di aver scoperto che gli adolescenti esaminati dopo le chiusure «hanno caratteristiche neuroanatomiche che sono tipiche di individui più anziani o che hanno vissuto problematiche significative durante l’infanzia». Problematiche, per rendere l’idea, come la violenza, l’abbandono e la disfunzione familiare.

[di Raffaele De Luca]