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La viralità di ChatGPT e le insidie che la seguono

Settimana scorsa l’azienda californiana OpenAI ha aperto al mondo l’ultima iterazione del suo GPT, ChatGPT, un chatbot di ultimissima generazione che grazie alle sue brillanti interazioni è velocemente diventato virale sulla Rete, catturando pienamente l’attenzione degli appassionati di tecnologia. Non solo, la sovraesposizione del prodotto digitale ha investito con forza anche tutti coloro che non seguono il campo tech, catalizzando il discorso pubblico come mai prima d’ora. Tra entusiasmi e preoccupazioni, molti iniziano ad abbracciare l’idea che le intelligenze artificiali possano migliorare il nostro stile di vita, tuttavia un simile ottimismo dovrebbe essere accompagnato anche da un’opportuna consapevolezza critica.

Chiunque abbia accesso al web può sperimentare direttamente le potenzialità di ChatGPT [1]. Si tratta di uno strumento estremamente accessibile e non sorprende che la gente ci si sia sbizzarrita con fare fantasioso: c’è chi ha fatto comporre [2]alla IA degli sketch comici per i Monthy Python, chi ha riscritto [3]in salsa accademica il Bohemian Rhapsody dei Queen, chi gli ha subappaltato [4]la creazione di domande per un’intervista e chi lo ha usato per verificare e correggere [5]alcune linee di programmazione. Le possibilità sono virtualmente infinite, tuttavia l’entusiasmo del momento è nettamente gonfiato dall’impostazione ludica del contesto. Per quanto sia il più avanzato esemplare della sua categoria, l’ultimo chatbot di OpenAI non è infatti in grado di fornire contenuti profondi, li simula solamente. Il programma è un bluffeur forte di un addestramento ben congegnato, ma è scarno di idee e contezza. A vostra discrezione, potete inserire qui una battuta di satira politica.

Questo non vuol dire che il chatbot sia privo di virtù, dimostra anzi già da ora di poter essere vitale per l’evoluzione tecnica della nostra quotidianità, ma è anche necessario approcciarsi a ChatGPT con la dovuta attenzione. Parlare con una macchina del senso della vita e ricevere risposte mozzafiato è innegabilmente entusiasmante, tuttavia bisogna rendersi anche conto che quello stesso strumento fatichi a realizzare che un chilo di carne sia dotato dello stesso medesimo peso di un chilo di aria compressa. Non solo, la IA è in grado di perorare il suo errore [6] attingendo a un lessico estremamente persuasivo, il quale potrebbe facilmente convincere chiunque non si fregi dell’educazione specifica per distinguere l’inganno. 

Non solo la creatura di OpenAI non è infatti veramente in grado di destreggiarsi in qualcosa di tanto articolato e creativo come l’ideazione di un codice informatico [7], ma i suoi limiti sono tangibili anche sulle piccole cose, tant’è che il forum di programmazione Stack Overflow si è trovato a dover bandire in fretta e furia tutti i post ricavati adoperando l’intelligenza artificiale. “Il tasso di risposte corrette ricavato da ChatGPT è troppo basso, sostiene l’azienda nella dichiarazione [8] in cui annuncia nuove policy emergenziali. “La pubblicazione di risposte create da GhatGPT è sostanzialmente dannosa per il sito e per i suoi utenti, i quali cercano informazioni corrette”

Chiunque sia avvezzo a seguire le tematiche tecnologiche è ben conscio delle criticità proprie ai generatori di testi, tuttavia questa cautela non è ancora condivisa dal tessuto sociale nel suo insieme. Notiziari e social cavalcano l’onda del momento, cantano con fare mesmerizzante la gloria della nuova chatbot, tuttavia un eccesso di entusiasmo può dimostrarsi insidioso, soprattutto perché potrebbe convincere alcune persone che questa tipologia di macchine sia priva di insidie, complicazioni e pregiudizi. Non bisogna dimenticare infatti che l’essere umano, anche quello più preparato, sia soggetto alle facili influenze di un’informazione reiterata in maniera martellante, a prescindere che questa sia o meno puntuale ed esatta. Basti pensare che Stati Uniti, Australia e Canada sono ormai costrette a studiare il fenomeno del cosiddetto “effetto CSI [9]“, ovvero che stiano vagliando la possibilità che la somministrazione continuativa di telefilm polizieschi sia in grado di portare i giudici a sviluppare aspettative irreali sulla medicina forense.

[di Walter Ferri]