- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

La polizia morale iraniana non è mai stata abolita, anche se lo avete letto

«Non ci sono conferme sul fatto che il lavoro delle unità di pattugliamento, ufficialmente incaricate di garantire la “sicurezza morale” nella società, sia effettivamente terminato». Secondo al Jazeera [1], l’Iran non ha fornito alcuna conferma o dichiarazione ufficiale rispetto alla presunta abolizione della “polizia morale”, il corpo di forze dell’ordine responsabile dell’applicazione della legge iraniana sul velo obbligatorio e di altre severe misure, ritenuto colpevole dell’assassinio in carcere di Mahsa Amini, la ragazza curda ventiduenne arrestata il 13 settembre scorso a Teheran per non aver indossato correttamente l’hijab e poi deceduta in carcere tre giorni dopo. 

La Gasht-e Ershad (Guidance Patrol, “polizia morale”), che è stata creata dal Consiglio supremo della Rivoluzione culturale sotto il presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad per “diffondere la cultura della decenza e dell’hijab”, risponde al ministero dell’Interno, che non ha ancora commentato ufficialmente la notizia.

La ricostruzione di al Jazeera è stata condivisa anche dalla TV di stato iraniana in lingua araba Al-Alam [2] che – citata dalla Cnn [3] – ha sottolineato come «nessun funzionario della Repubblica islamica dell’Iran ha detto che la polizia religiosa islamica è stata chiusa».

Nonostante ciò, negli ultimi giorni la notizia dello smantellato della polizia morale è circolata su gran parte dei giornali italiani e internazionali, a partire da testate come il Wall Street Journal [4] e il New York Times [5]. Gli esperti di Iran e gli attivisti [6] hanno inizialmente invitato alla prudenza, criticando poi aspramente come “fuorvianti”, “vergognosi” e “fake news” i contenuti condivisi dai principali media occidentali. Anche le agenzia di stampa e gli organi di stampa italiani hanno rilanciato la notizia come assodata: da Agi [7] al Corriere della sera [8], da Repubblica [9] a Il fatto quotidiano [10].

«È incredibile quante testate giornalistiche stiano seguendo la linea “L’Iran abolisce la polizia morale” basata su una citazione contorta di un funzionario», ha scritto su Twitter Borzou Daragahi, corrispondente internazionale di The Independent. «In realtà la polizia morale è inattiva da quando sono iniziate le proteste, ma non ci sono notizie sostanziali sul loro futuro». A confermare la scarsa credibilità della notizia sono anche gli stessi manifestanti, che, come riporta il Guardian sono tornati a scioperare. Lunedì 5 dicembre, infatti, il movimento di protesta iraniano ha avviato uno sforzo concertato per tenere tre giorni di scioperi, con migliaia di attività commerciali chiuse in diverse parti del Paese, come testimoniato dalla CNBC [6].

A bollare la notizia come una “fake news” è stato anche Kasra Aarabi [6], responsabile del programma Iran presso il Tony Blair Institute for Global Change, in un post sul suo profilo Twitter [12]. Secondo Aarani questa forma di disinformazione sarebbe stata diffusa per distrarre l’attenzione dei media dalla nuova ondata di proteste

Il fraintendimento è nato a seguito di alcune dichiarazioni di Mohammad Jafar Montazeri, procuratore generale della repubblica islamica e importante esponente del regime, rilasciate all’agenzia stampa iraniana Isna [13], domenica 4 dicembre. In base a quanto riporta la BBC [14], Montazeri ha detto che il governo avrebbe smantellato la polizia religiosa («La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l’ha creata») e che era anche al lavoro per modificare la legge che obbliga le donne iraniane a indossare il velo islamico. Tuttavia, nonostante la sua influenza, Montazeri non ha alcuna autorità sulla polizia religiosa, alle dipendenze, come anticipato, del ministero dell’Interno, che però non ha diffuso alcuna dichiarazione a riguardo. 

Secondo lo scrittore ed esperto di Medio Oriente, Arash Azizi [15], le parole di Montazeri vanno prese con prudenza perché «nella migliore delle ipotesi [sono] quanto meno poco chiare». «È improbabile», ha spiegato Azizi, «che queste vadano lontano, dal momento che il leader, Ali Khamenei, non è da tempo interessato alle concessioni, e sa che concessioni significative possono fare l’opposto di disinnescare il movimento; possono incoraggiarlo ulteriormente».

[a cura di Enrica Perucchietti]