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Il consumo di suolo condanna l’Italia a periodiche tragedie come quella di Ischia

Sabato mattina una frana si è abbattuta sul Comune di Casamicciola Terme, sull’isola di Ischia, causando 7 vittime e 5 dispersi. Si tratta dell’ultimo caso di una serie di tragedie che, oltre ai naturali processi geomorfologici dovuti alla conformazione del terreno, trovano la loro causa in una illogica pianificazione urbana. L’ultimo rapporto [1] ISPRA sul consumo di suolo lascia poco spazio a fraintendimenti. Tra il 2020 e il 2021 si è costruito su 39 ettari a pericolosità di frana molto elevata, altri 79 ettari in aree a pericolosità elevata, 99 a media pericolosità e 104 in aree a moderata pericolosità. 321 ettari totali, il 5% del consumo annuale di suolo italiano, che vanno a sommarsi alle centinaia di ettari a rischio già cementificati negli anni passati. Una negligenza che contribuisce all’impatto antropico sull’ambiente e mette in serio pericolo la popolazione.

“Tra il 2006 e il 2021 il Belpaese ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno”, si legge nel rapporto Ispra. Del consumo totale di suolo, centinaia di ettari riguardano aree con alta, media e moderata pericolosità e pertanto rappresentano un pericolo per la popolazione. Tali rapporti tecnici dovrebbero fare da monito all’azione politica, orientandola verso scelte utili al benessere dei cittadini. Tuttavia, gli interessi, i compromessi e l’accondiscendenza alterano il principio della buona gestione della cosa pubblica. Così, i dati allarmanti finiscono nell’oblio, fino a quando una delle frane (che in Italia si verificano ogni 45 minuti) non si trasforma in tragedia. Seguono il silenzio, le accuse e poi di nuovo l’oblio.

[di Salvatore Toscano]