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In Italia le mestruazioni non sono più considerate un lusso

Con l’approvazione del nuovo disegno di legge di bilancio [1], negli scorsi giorni il Governo di Giorgia Meloni ha deciso di promuovere una manovra economica per abbassare l’IVA su alcuni prodotti, tra cui gli assorbenti per le mestruazioni non compostabili. Nello specifico la tampon tax, cioè l’imposta addebitata sulle vendite di “tamponi” e di altri prodotti per l’igiene femminile, passerà dal 10 al 5%. Un traguardo importante, soprattutto se confrontato con il punto di partenza: fino all’anno scorso gli stessi prodotti erano tassati al 22%, la stessa IVA applicata cioè ai beni di lusso (come abiti e accessori di alta moda). Era stato poi il Governo Draghi ad abbassarla al 10%, dopo anni di timidi tentativi da parte della sinistra. Una misura che porta l’Italia sullo stesso piano di gran parte dei Paesi europei, dove da tempo gli assorbenti sono soggetti ad iva agevolata e parificata ai beni di prima necessità.

In concreto, quanto si risparmierà adesso sull’acquisto di assorbenti? Secondo quanto riportato nella scheda tecnica del Ddl di bilancio, con l’IVA al 22% la spesa totale annuale per l’acquisto dei beni necessari per il ciclo mestruale era di circa 70 euro a persona. Basandoci invece sulle ultime modifiche, con la riduzione al 10% la spesa scende a circa 63 euro, mentre con l’IVA al 5% scende a 60. Si tratta comunque di calcoli medi, che possono variare molto a seconda, ad esempio, del tipo (o marchio) di assorbenti acquistato e dell’intensità del flusso mestruale. Non è molto, ma è comunque qualcosa. Per molte donne infatti potersi garantire un’igiene adeguata e un numero di dispositivi sanitari sufficienti (assorbenti, tamponi etc) è ancora un lusso che non possono permettersi.

Sugli assorbenti compostabili e biodegradabili c’erano invece già stati dei passi avanti. La loro tassazione, era stata già ridotta al 5% tre anni fa, proclamata dall’allora Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Un intervento però, tutto sommato, di poco conto. Quello degli assorbenti compostabili è un mercato di nicchia, molto costoso e non facile da reperire. In altre parole, la manovra lasciava fuori la maggior parte degli assorbenti più comunemente acquistati. “La tassa sulle mestruazioni è un introito sicuro a cui nessun governo vuole rinunciare, la spesa per gli assorbenti rimane delle donne invece”, aveva scritto [2] a commento “NonUnaDiMeno”, un movimento femminista italiano che si ispira a quello sudamericano “NiUnaMenos”.

Facendo due conti, effettivamente a portare a casa soluzioni concrete sulla tampon tax, fino ad ora, sono stati solo due Governi: uno di destra e uno tecnico. Prima di Draghi e di Meloni, ci aveva provato anche Giuseppe Civati, politico italiano, fondatore e primo segretario del partito “Possibile”, depositando nel 2016 una proposta di legge per abbassare la tassazione al 4%. Finì però in pochissimo tempo nel dimenticatoio. In Europa, infatti, in questo ambito siamo stati piuttosto lenti: molto prima di noi a introdurre misure per ridurre l’IVA sui prodotti di igiene femminile ci hanno pensato, per fare un paio di esempi, Francia e Germania. Anche il resto del mondo si è dato una mossa: il Canada [3] già nel 2015 aveva totalmente eliminato la tassa su assorbenti, tamponi e coppette mestruali.

Non sempre però tutto fila in maniera logica e liscia come dovrebbe. Teoricamente, una riduzione dell’IVA dovrebbe portare all’abbassamento del prezzo finale del prodotto. Ci sono però, anche negli altri Paesi, alcuni interrogativi in sospeso. Primo fra tutti il comportamento dei rivenditori. Sta a loro, infatti, decidere se abbassare il costo degli assorbenti per via della riduzione dell’IVA o se tenere per sé la differenza (aumentando il proprio guadagno). In quest’ultimo caso chi compra continuerà a pagare la stessa cifra (e il Governo non può farci niente). In ogni caso, su questo fronte avremo bisogno di più tempo per capire come andrà.

Intanto però sul tema mestruazioni in Italia continuano le iniziative “private”: dopo quella della Statale di Milano di vendere nei distributori dell’ateneo gli assorbenti con un prezzo calmierato di 0,20 centesimi, l’Università di Padova ha deciso di garantire nelle proprie sedi assorbenti gratuiti per tutta la comunità studentesca. È il primo ateneo nostrano a farlo. Entro la fine dell’anno accademico in corso saranno infatti installati dei distributori che forniranno prodotti per le mestruazioni in tutte le 32 sedi dipartimentali. Per poterne usufruire basterà fare richiesta di un gettone in portineria. «Ci teniamo a rendere i luoghi del nostro ateneo inclusivi e accoglienti» ha spiegato [4] Antonio Paoli, prorettore al Benessere dell’Università di Padova. E se lo fosse anche la società?

[di Gloria Ferrari]