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43enne morto durante la fuga: poco prima era stato colpito con il taser dai carabinieri

Nella notte di venerdì a Selva Candida, in zona Boccea, un 43enne ha perso il controllo e ha iniziato a danneggiare l’appartamento di un amico, che ha chiamato i carabinieri. All’arrivo dei militari l’uomo li ha prima aggrediti e poi, dopo aver ricevuto un colpo di taser, ha tentato la fuga attraverso una serie di giardini comunicanti. Da lì a poco ha perso i sensi e si è accasciato a terra, probabilmente colpito da un infarto. L’autopsia chiarirà le cause del decesso e farà luce sull’eventuale correlazione con il colpo di pistola elettrica, arma in dotazione [1] delle forze dell’ordine in 18 città italiane dal 14 marzo scorso e definita dalle Nazioni Unite uno strumento di tortura. Secondo una stima effettuata dall’agenzia Reuters, negli Stati Uniti, dove il taser è in dotazione alle forze di polizia da diversi anni, sarebbero state colpite a morte con l’arma azionata dagli agenti 1.042 persone.

«Di fronte a una persona “poco collaborativa” – dichiarò nel marzo scorso il dirigente del Reparto volanti della Questura Luca De Bellis – la procedura prevede: mostrare la pistola gialla in fondina, avvertire il soggetto per tre volte che in caso non la smetta verrà estratta, impugnare l’arma ma tenerla poggiata sul petto, ben visibile, continuando a parlargli e nell’opera di convincimento. Se questo non dovesse bastare, allora puntarla e, se le circostanze lo richiedono, utilizzarla». L’impulso elettrico generato dal colpo di taser provoca una contrazione neuromuscolare involontaria, che consente agli agenti di bloccare e neutralizzare i soggetti ritenuti pericolosi. L’effetto dovrebbe svanire in poco tempo, permettendo al soggetto di recuperare una normale forma fisica. Tuttavia, indipendentemente dalle sue condizioni, gli agenti sono obbligati a richiedere l’intervento del personale sanitario.

Secondo uno studio [2] dell’università di Cambridge di qualche anno fa, la pistola elettrica ha aumentato (quasi raddoppiato) il rischio che la polizia usi la violenza e che gli agenti vengano aggrediti. L’indagine condotta dall’agenzia Reuters ha rivelato che un quarto delle 1.042 persone morte negli Stati Uniti in seguito all’uso del taser soffriva di crisi psicotiche o disturbi neurologici, quasi sempre (nove casi su dieci) disarmato. Reuters ha potuto consultare le autopsie di 712 del totale delle vittime censite. In 153 casi il taser è indicato come unica causa o come fattore che ha contribuito alla morte, le altre autopsie menzionano invece una combinazione di problemi, da scompensi cardiaci all’abuso di droghe e traumi di vario genere.

[di Salvatore Toscano]