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Covid: Pfizer e Moderna avviano gli studi sui danni cardiaci post-vaccino

Pfizer e Moderna hanno annunciato l’avvio di alcuni studi clinici con l’intento di fare luce sugli effetti avversi a lungo termine che potrebbero manifestarsi nei giovani che hanno riscontrato problemi cardiaci in seguito alla somministrazione del vaccino anti-Covid. Come riportato [1] dalla rete televisiva statunitense Nbc News, Moderna ha dato il via a due sperimentazioni, di cui la seconda è iniziata a settembre, mentre Pfizer pare pronta ad intraprendere la ricerca. Almeno uno degli studi dell’azienda farmaceutica, che includerà fino a 500 adolescenti ed adulti sotto i 21 anni, dovrebbe iniziare nei prossimi due mesi: a confermarlo all’emittente è stata la stessa Pfizer, che effettuerà il lavoro in collaborazione con il Pediatric Heart Network, un consorzio di ospedali che conduce ricerche proprio sulle malattie del cuore.

Nello specifico, secondo quanto riferito ad Nbc News dal dottor Dongngan Truong, co-responsabile dello studio Pfizer, quest’ultimo monitorerà i partecipanti per cinque anni ed includerà sia persone che in passato sono state ricoverate in ospedale per una miocardite associata al vaccino che individui che hanno ricevuto tale diagnosi più recentemente. Inoltre, con lo scopo di comprendere quanto siano gravi i rischi della malattia rispetto agli eventuali effetti collaterali dei vaccini, i partecipanti verranno anche confrontati con un sottogruppo di bambini affetti da sindrome infiammatoria multisistemica [2] (MIS-C), una rara complicanza associata al Covid-19. Questi dunque gli obiettivi dello studio che si svolgerà negli Stati Uniti ed in Canada e per il quale, però, l’arruolamento dei soggetti non è ancora iniziato. Il gruppo di ricerca, tuttavia, avrebbe già identificato più di 250 pazienti con miocardite da arruolare, e secondo Truong i primi risultati potrebbero essere rilasciati l’anno prossimo.

Moderna, invece, come anticipato ha avviato due studi, uno dei quali condotto in collaborazione con l’American College of Cardiology, un’associazione medica che sostiene la ricerca cardiovascolare. Entrambi gli studi sono incentrati sulla miocardite ed hanno ad oggetto i dati pubblici e privati ​​di decine di milioni di persone che hanno ricevuto il vaccino dell’azienda nonché le loro condizioni. «Hanno avuto la miocardite? Quando è successo? Come è stato trattato? Quanto è stato grave?», ha infatti affermato il capo dei medici di Moderna, Paul Burton, illustrando il fine delle ricerche. Oltre a ciò, Moderna starebbe anche conducendo altri due studi con l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) che dovrebbero coprire cinque diversi paesi, con i dati che dovrebbero essere resi pubblici intorno alla prossima estate e con la casa farmaceutica che – secondo quanto dichiarato da Burton – dovrebbe valutare i risultati per un anno o più.

Insomma, sono diverse le ricerche che stanno avviando le aziende, che evidentemente devono obbligatoriamente fare luce sul fenomeno delle miocarditi. Non solo infatti la FDA (l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici) ha richiesto [3] ai produttori di farmaci di condurre diversi studi per valutare i potenziali impatti a lungo termine della miocardite – come parte della sua approvazione dei vaccini ad mRNA – ma sono varie le evidenze scientifiche [4] emerse nel recente passato sulla correlazione tra somministrazione dei vaccini ed infiammazioni cardiache. Basterà citare uno studio basato sull’analisi dei dati provenienti da 40 ospedali statunitensi, e pubblicato [5] sulla rivista Jama, che ha certificato una frequenza di 2,8 casi di miocardite o pericardite ogni 100.000 vaccinati, con la maggior parte dei casi che hanno interessato principalmente gli individui sottopostisi ai vaccini ad mRNA (Pfizer e Moderna). Inoltre, secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention, ovvero l’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli USA) negli Stati Uniti dalla fine del 2020 ci sono state più di 1.000 [6] segnalazioni di miocardite o pericardite correlate ai vaccini negli under 18.

Certo, sembra che la maggior parte dei casi si risolva positivamente, ma gli scienziati finora hanno esaminato esclusivamente le condizioni di salute delle persone dopo alcuni mesi dalla vaccinazione. Soltanto adesso si stanno avviando gli studi sugli eventuali effetti collaterali a lungo termine negli individui che hanno avuto problemi cardiaci, e ad oggi a quanto pare le certezze sono pressoché nulle. La dottoressa Leslie Cooper, facente parte di un gruppo consultivo di esperti predisposto da Moderna per monitorare la sicurezza del suo vaccino anti-Covid, ha ad esempio non solo ricordato che in alcuni casi le persone che hanno sviluppato una miocardite dopo l’infezione virale possono soffrire di cicatrici lungo il tessuto cardiaco che riducono la sua capacità di pompare sangue e far circolare l’ossigeno nel corpo, ma anche che non si è a conoscenza di quanti individui con miocardite associata al vaccino potrebbero sperimentare questa cicatrizzazione. «Potrebbe essere il 2%, lo 0% o il 20%», ha affermato riferendosi alla percentuale di persone vaccinate che potrebbero subire conseguenze cardiache a lungo termine, ribadendo come al momento non si abbia una risposta a riguardo.

[di Raffaele De Luca]