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Il leader socialista inglese Corbyn fu sabotato dal suo stesso partito

Jeremy Corbyn, ex leader del partito laburista inglese, fu chiaramente sabotato dal suo stesso partito. Una gigantesca fuga di notizie di due anni torna ancora a galla con un documentario, The Labour Files [1], pubblicato dall’emittente araba Al Jazeera. I dati trapelati comprendono 500 gigabyte di documenti, e-mail, file video e audio del Partito Laburista, risalenti al periodo 1998-2021. Nello specifico della questione, nei documenti viene alla luce la “militarizzazione dell’antisemitismo” da parte della corrente moderata e liberista del Partito Laburista per ostacolare le possibilità di Jeremy Corbyn di diventare Primo Ministro. Documenti che svelano come vi sia stata una macchinazione ampia e sistematica che ha coinvolto i media per fare in modo che Corbyn, socialista e critico di Israele, potesse diventare Primo Ministro dell’impero britannico.

L’indagine di Al Jazeera ha portato al grande pubblico le false accuse scagliate contro i sostenitori di Corbyn per farli sospendere o espellere dal partito. Al quartier generale laburista, i funzionari del partito sono stati incaricati di setacciare i post sui social media dei membri per trovare qualcosa di incriminante, in particolare qualsiasi materiale che potesse essere considerato “antisemita”. L’informatore Halima Khan, che lavorava come ufficiale investigativo del Partito Laburista, ha detto ad Al Jazeera che “Palestina” era uno dei termini di ricerca più utilizzati per trovare prove incriminanti. Una volta che il piano di manomissione della leadership di Corbyn è divenuto realtà, alla guida dei laburisti è arrivato Keir Starmer. Ben documentato è l’appoggio [2] incondizionato di Starmer ad Israele e il suo completo rifiuto di considerare lo “stato di apartheid” denunciato [3] anche da Amnesty, Human Rights Watch e persino B’Tselem. Stessa cosa vale per la forza lobbistica [4] israeliana [5] all’interno del Partito Laburista.

L’élite burocratica del Partito Laburista ha iniziato la sua lotta contro Jeremy Corbyn appena egli è divenuto il leader del partito nel 2015, venendo inaspettatamente eletto quando faceva parte dell’ala molto minoritaria del Socialist Campaign Group. Già l’anno seguente, il leader socialista dovette affrontare una lotta interna che non solo lo vide vincitore [6] ma vide anche espandere la base del partito fino a superare il mezzo milione, rendendo il Labour Party inglese il più grande partito dell’Europa occidentale. Nel 2017 venne poi presa la decisione di appoggiare il disegno di legge sull’Unione europea, ovvero, a sostegno della Brexit. I politici all’interno del partito mostrarono una spaccatura tra chi era per una Brexit morbida e chi invece invocava un secondo referendum. Così, a causa della posizione assunta dal partito, 7.000 membri che erano a favore di un secondo referendum lasciarono in segno di protesta. L’elettorato del Partito Laburista, invece, cresceva a dismisura. Sempre nel 2017, le elezioni regionali fecero registrare un risultato storico per i laburisti che si videro assegnare il 40% dei voti dopo che negli anni precedenti molti voti erano andati persi; era il miglior risultato dal 2001.

Appena due anni dopo, però, alle elezioni generali del 2019, il Partito Laburista scese di ben otto punti percentuali e Jeremy Corbyn decise di annunciare le sue dimissioni da leader del partito. Cosa era successo? In quella il Partito Laburista si presentò con un programma ritenuto a tratti radicale ma, a differenza della campagna precedente, non era più chiaro sulla questione Brexit con molti del partito che sostenevano il secondo referendum o il Remain. La parte profonda del partito aveva lavorato contro il leader stesso, contribuendo in maniera decisiva alla sonora sconfitta che delegittimava la guida di Corbyn.

La campagna di screditamento e sabotaggio della leadership di Corbyn era inziata già nel 2015 ma si è intensificata alla luce del grande risultato elettorale del 2017. Il pericolo reale per l’élite del partito, e del Paese, era quello di vedere un socialista – con programmi di nazionalizzazioni e di spesa sociale – e critico nei confronti dello stato di apartheid adottato da Israele come Primo Ministro dell’impero Britannico.

Nel luglio 2022 è stato pubblicato il rapporto redatto nel 2020 dall’avvocato Martin Forde, incaricato da Starmer di indagare sul frazionismo all’interno del Partito Laburista. Il rapporto interno trapelato è composto da 860 pagine ed è intitolato “Il lavoro dell’unità di governance e legale del Partito laburista in relazione all’antisemitismo, 2014-2019”, di cui Sky News [7] aveva dato notizia dell’esistenza già nello stesso 2020. Il rapporto includeva moltissimi scambi di e-mail e WhatsApp tra funzionari laburisti che esprimevano disprezzo per Corbyn e chiunque lo sostenesse, compresi altri membri dello staff laburista, parlamentari laburisti e persino per i loro stessi elettori. Sebbene vi fosse una caccia al razzismo antisemita che veniva visto in ogni minima critica ad Israele, ed in cui i mass media hanno avuto un ruolo centrale, “The Labour File” dimostra come il partito fosse veramente intriso di razzismo, specie nei confronti dei musulmani. Un caso recente e di grande rilievo è stato quello della sospensione di 5.000 membri del partito a Newham, nella zona est di Londra, quasi tutti musulmani.

Insomma, Jeremy Corbyn, e tutta l’ala socialista del Labour Party, è stato osteggiato fin dalla sua inaspettata acquisizione della leadership, nel 2015, e soprattutto, dopo i grandi risultati (2017) che stava ottenendo in termini di espansione della base dei membri del partito stesso, oltre che gli enormi consensi che stava ottenendo sulla base di programmi di redistribuzione economica, nazionalizzazioni e spesa sociale, oltre che a favore di una “Brexit morbida” e contro l’imperialismo e il colonialismo, come contrario allo stato di apartheid di Israele. L’élite britannica, e la colonna portante del potere profondo del Labour Party, ha invece deciso che non si poteva fare.

[di Michele Manfrin]