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Quanto sono sicuri ed efficaci i controlli sul cibo?

Che affidarsi alla comunicazione e ai dati diffusi dalle aziende produttrici, dagli industriali e dai grandi gruppi della distribuzione organizzata sia una idea saggia quanto chiedere all’oste se è buono il suo vino è evidente. La speranza del consumatore è quindi tutta incentrata sui controlli degli enti pubblici, dai servizi di controllo delle dogane, all’Ispettorato centrale repressione frodi (ICQRF), ai Nuclei antisofisticazione e sanità dei carabinieri (NAS), fino alle ASL e ai servizi veterinari che possono intervenire nel processo di tutela della salubrità dei cibi che mangiamo, ad esempio per controlli nei macelli e presso le industrie che preparano prodotti animali. Sono innanzitutto dogane, servizi antifrode e NAS ad assicurarsi che i prodotti venduti siano conformi alle norme vigenti. Ma questi controlli possono lasciare i consumatori tranquilli?

I servizi doganali sono tenuti a verificare la conformità di ciò che viene importato ed esportato, mentre l’antifrode controlla tutto ciò che viene prodotto sul territorio nazionale. Sulla carta funziona tutto benissimo e molte persone si sentono protette da questi organismi. Sfortunatamente nel sistema ci sono delle falle (numerose, direi) che rendono questi servizi di controllo assai poco efficaci. In primo luogo va detto che gli agenti delle dogane e dell’antifrode sono oberati e svolgono comunque un lavoro enorme. E sono devoti al loro compito professionale, quindi non si tratta di falle di sistema da addebitare agli operatori. Per chi opera in questi servizi è assolutamente impossibile controllare la merce di decine di migliaia di container, camion, navi, treni e aerei che entrano ed escono ogni giorno in Italia. Questo è del tutto evidente, anche perché tra gli operatori del servizio Dogane, ad esempio, che in Italia ammontano in totale a poche migliaia di persone, solamente una piccola parte svolge compiti di sorveglianza. La stessa cosa vale per i NAS e gli operatori dell’ICQRF (antifrode).

Tutti questi nuclei di controllo devono occuparsi di vigilare su migliaia di fabbriche, mense, ristoranti, mercati e piccoli artigiani, ma devono anche effettuare controlli non soltanto del settore alimentare ma anche di tutti gli altri settori commerciali e industriali come quello del tabacco, abbigliamento, elettronica ecc. Ecco perché dico che sono oberati, sono pochi operatori rispetto alla mole di merce da controllare e sebbene siano lavoratori molto professionali, non possono coprire tutte le merci alimentari che sono in commercio e quindi entrano nelle nostre case ogni giorno (e quindi nella nostra pancia).

Inoltre, va tenuto presente che tutti questi agenti dei servizi di controllo sono vincolati e dipendenti dalle decisioni politiche che si prendono a Bruxelles. Pertanto se i regolamenti europei stabiliscono norme lassiste e inadatte come per esempio l’impiego di determinati additivi o la possibilità per i produttori di nascondere l’origine della materia prima di un prodotto, allora gli agenti di controllo non possono fare assolutamente niente per contrastare ciò. In più questi enti di controllo non sono organismi indipendenti, ma dipendono dal Ministero della Difesa (NAS) e dal Ministero delle Politiche Agricole (ICQRF).

Il caso Fipronil delle uova

Fatte tutte queste premesse, analizziamo ora concretamente il tema di questa trattazione: quanto sono sicuri ed efficaci i controlli sul cibo in Italia e in Europa?

Alcuni lettori ricorderanno sicuramente lo scandalo alimentare del caso Fipronil nel 2017, quando la catena tedesca ALDI decise di ritirare [1] una considerevole quantità di uova infette dagli scaffali dei suoi punti vendita in Germania. A quel punto il grande pubblico ha scoperto che milioni di uova vendute in Germania erano contaminate dal Fipronil, un insetticida vietato nella catena alimentare perché molto tossico per l’uomo. Naturalmente questo insetticida è anche molto efficace nel debellare gli acari, in particolare l’acaro rosso che è un parassita del pollame e incubo degli allevatori di galline ovaiole. Pertanto alcuni furbetti allevatori dei Paesi Bassi lo hanno utilizzato ugualmente, anche se vietato. In breve tempo si è scoperto che il problema non era limitato all’Olanda ma che i Paesi coinvolti da uova contaminate col Fipronil erano 48 [2], Italia compresa, per ammissione della stessa Commissione europea. Ricordo infatti che la filiera delle uova è molto estesa e non si limita solo alle uova fresche in vendita nei supermercati, ma riguarda altri settori come la produzione di maionese, salse, dolci, panettoni ecc. 

A questo punto occorre capire bene dove sia la falla enorme del sistema dei controlli alimentari in Europa, che determina e conferma la mia tesi implicita nel titolo, cioè che i controlli non sono sicuri e non ci sono le dovute tutele per i cittadini e consumatori. Questa frode scandalosa del Fipronil era cominciata in realtà prima del 2017, quando nel 2016 l’Agenzia di controllo alimentare olandese era stata informata che alcuni allevatori in Olanda stavano utilizzando questo prodotto vietato negli allevamenti di galline ovaiole. Eppure, per mesi l’Olanda, che è uno dei maggiori esportatori di uova al mondo, non ha fatto niente e soprattutto non ha detto niente [3]. Ora, bisogna capire – perché è il nodo cruciale di questa vicenda – che un Paese che lanciasse un’allerta su un prodotto alimentare fabbricato sul suo territorio sarebbe praticamente certo che i suoi prodotti sarebbero subito boicottati da tutti gli altri Stati importatori. Pertanto questo caso esemplifica il fatto che certi Paesi europei non rispettano a volte le regole per ragioni esclusivamente finanziarie e di profitto.

In questo caso specifico del Fipronil non le hanno rispettate Belgio e Olanda, perché hanno comunicato con grande ritardo agli altri Stati europei il problema di cui erano già a conoscenza da settimane, ma in altri casi sono stati coinvolti altri Paesi, e continuerà a essere sempre così perché gli scandali alimentari sono una costante legata intrinsecamente al sistema industriale di produzione del cibo, come abbiamo documentato in un precedente articolo [4].

Ad onor del vero va detto che una volta che viene diramata un’allerta alimentare attraverso il sistema centralizzato europeo chiamato RASFF [5] (Sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi), tale sistema funziona molto bene e davvero rapidamente nel bloccare e ritirare dal commercio la merce contaminata. Ma il problema come abbiamo appena visto è a monte del RASFF, cioè in una fase precedente a quella dell’allerta, in quanto le aziende o le autorità incaricate di dare l’allerta non si attivano per ragioni politiche e di calcolo economico. Oppure si attivano, ma in ritardo, solo quando costrette a farlo perché lo scandalo si è ormai esteso, come successo nel caso Fipronil. E come si può constatare non vengono applicate sanzioni severe [3] a chi non rispetta le regole in maniera corretta. Ok, quindi abbiamo appena dimostrato che a volte i controlli, l’allerta e le sanzioni sui prodotti alimentari mancano, nel senso che non vengono proprio effettuati oppure si fanno in ritardo, quando le merci hanno già invaso il mercato.

Ma che dire dei controlli che invece avvengono in tempo: sono questi efficaci?

I controlli: se sono puntuali, sono anche efficaci?

[In foto Stéphane Travert, politico francese ed ex ministro dell’Agricoltura francese]
Purtroppo dobbiamo constatare anche in questo caso che i controlli non sono efficaci come dovrebbero. Sempre rimanendo sul caso Fipronil si può dimostrare che dei controlli sono stati fatti, in Francia, ad un certo punto del problema, dopo che Aldi annunciò pubblicamente il ritiro di uova dai suoi punti vendita. E il ministro dell’Agricoltura francese Stephane Travert dichiarò che in Francia non c’era il problema Fipronil: «Abbiamo effettuato dei controlli, sono stati controllati 2900 allevamenti. Nessun allevamento francese è stato contaminato da Fipronil. Tutti i casi di contaminazione riguardavano importazioni dai nostri vicini, Belgio e Olanda». Addirittura il quotidiano francese La Depeche du Midi parla di bilancio positivo [6] per la Francia dopo che più di 4500 allevamenti sono stati controllati.

Ma siamo proprio sicuri che sia andata così? No. Di quali controlli si tratta? L’articolo francese offre infatti una precisazione illuminante: i controlli sono stati effettuati “tramite questionari fatti pervenire agli allevatori”. Mettiamoci per un minuto nei panni di questi allevatori in quel dato momento. C’è un grosso scandalo di cui parlano tutti, delle uova sono bloccate alle frontiere e poi distrutte, dai supermercati vengono ritirati migliaia di prodotti a base di uova, e voi ricevete un questionario che vi chiede se le vostre uova sono in regola oppure avete utilizzato un acaricida vietato come il Fipronil. Cosa rispondete, sapendo che se dite di averlo utilizzato il vostro allevamento rischia di essere chiuso, le vostre galline probabilmente abbattute e le vostre uova distrutte, il tutto a vostre spese? Risultato: un solo allevatore francese dichiarò di aver utilizzato il Fipronil. E tutta la filiera francese ha comunque potuto uscirne senza macchia e troppo clamore.

Infine, come ciliegina sulla torta, a quanto pare le autorità francesi non hanno comunicato ufficialmente i numeri complessivi del volume di uova contaminate in Francia: che volumi di uova infette sono arrivate in Francia dagli altri Paesi? Che fine hanno fatto questi prodotti? Sono stati distrutti, eliminati completamente dal mercato? L’associazione francese di tutela dei consumatori Foodwatch ha denunciato [7] a Settembre 2017 che “A più di due mesi dall’inizio dello scandalo Fipronil, non sappiamo ancora se continuiamo a mangiarne o se le dispense contengono alimenti contaminati. Il ministro dapprima ha affermato che il nostro Paese non era coinvolto, poi ha minimizzato sui rischi per la salute, e ha fornito informazioni col contagocce”.  

[di Gianpaolo Usai]