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Terremoto dell’Aquila, per il giudice le vittime sono morte al 30% per colpa loro

Fu una condotta imprudente, e di conseguenza una colpa, quella delle vittime che non uscirono di casa in seguito a due forti scosse di terremoto che seguirono uno sciame sismico presente da mesi: è questo sostanzialmente il punto chiave di una recente sentenza del tribunale civile dell’Aquila, con cui è stata accolta la richiesta di risarcimento da parte dell’Avvocatura dello Stato verso i proprietari degli appartamenti del palazzo di via Campo di Fossa, a L’Aquila. Proprio lì infatti, a causa del crollo imputabile al terremoto verificatosi durante la notte del 6 aprile 2009, persero la vita 24 delle 309 persone morte per colpa degli eventi sismici. “È fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”: questo si legge [1] all’interno del provvedimento firmato dal giudice Monica Croci, che sottolinea come tale “concorso” possa “stimarsi nel 30 per cento”, ovvero la misura in cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito. La responsabilità per ciascun Ministero, invece, è conseguentemente del “15 per cento”, mentre il residuo 40 per centro riguarda le “eredi del costruttore Del Beato”.

In seguito alla tragedia, godendo di perizie che attestavano alcune irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile oltre che la negligenza del Genio civile nello svolgimento del suo compito di vigilare che le norme poste dalla legge vigente venissero osservate, i successori delle vittime avevano infatti citato in giudizio – per milioni di euro di danni – il ministero dell’Interno e il ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile nei mancati controlli durante la costruzione, il Comune dell’Aquila per responsabilità simili, e le eredi del costruttore Del Beato per le responsabilità in fase di costruzione. Tali responsabilità, però, evidentemente sono adesso state riconosciute solo in parte, non solo a causa della citata responsabilità del 30% per concorso di colpa ritenuta fondata dal giudice, ma anche perché quest’ultimo ha altresì respinto le domande nei confronti del Comune.

La sentenza non è ovviamente stata accolta di buon grado dai cittadini dell’Aquila, che nella giornata di ieri hanno espresso il loro dissenso partecipando ad un sit-in [2] svoltosi al Parco della Memoria, luogo simbolo della tragedia. “Anche io voglio il 30% di responsabilità”: questa la scritta presente sui cartelli esposti durante la manifestazione dai partecipanti, che hanno in tal modo contestato la decisione di conferire tale percentuale di responsabilità alle vittime. Del resto, queste ultime si erano probabilmente anche sentite rassicurate dalle affermazioni dell’ex vice capo della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, condannato a due anni di reclusione proprio per aver tranquillizzato [3] con le sue parole i cittadini prima del terremoto del 6 aprile 2009. Ad ogni modo, però, la responsabilità attribuita alla vittime non può essere ancora considerata definitiva essendo possibile ricorrere in Appello: l’avvocato Maria Grazia Piccinini – madre di una delle persone morte a causa del terremoto – ha ad esempio confermato [4] all’Ansa che la sentenza verrà impugnata. La giustizia, dunque, farà il suo corso: l’esito finale non lo si può ovviamente prevedere, ma ad essere certo è il fatto che, al momento, per le vittime non è ancora detta l’ultima parola.

[di Raffaele De Luca]