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Come l’Italia sta esportando gas nonostante la crisi energetica

Nonostante gli incessanti allarmi sulla crisi energetica che si susseguono ormai da mesi, la diminuzione delle importazioni dalla Russia e i razionamenti predisposti sia dall’Ue che dal governo italiano, circola già da tempo la notizia che la Penisola ha aumentato il suo export di gas all’estero rispetto agli anni precedenti: secondo il dicastero dello Sviluppo economico, da gennaio ad agosto 2022 l’Italia ha esportato [1] 2,33 miliardi di metri cubi di gas contro i 689 milioni di metri cubi dello stesso periodo del 2021, corrispondenti ad un aumento del 238,3%. A confermare il fatto è lo stesso ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani che ha affermato che il problema non è la quantità di gas a disposizione per affrontare l’inverno, bensì l’aumento dei costi delle bollette: «Bisogna distinguere i timori economici-inflattivi per il costo dai timori sulle quantità di gas. In Italia in questo momento stiamo esportando. Oggi ci sono oltre 40 milioni di metri cubi di gas per gli stoccaggi e tra i 18 e i 20 milioni esportati», ha affermato. Uno scenario, dunque, che stride fortemente con il decreto appena firmato dal ministro Cingolani per ridurre i consumi di metano.

La motivazione per cui il gas italiano risulta vantaggioso rispetto a quello del resto d’Europa per molti Paesi stranieri va individuata nel fatto che l’Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti) ha deciso di sganciare il costo del metano della Penisola dal prezzo stabilito al Ttf di Amsterdam, non usando più come riferimento le quotazioni del mercato all’ingrosso europeo ma la media dei prezzi del mercato PSV (punto virtuale di scambio) italiano: il PSV è il principale punto di incontro tra domanda e offerta del mercato del gas in Italia. Dunque, da un lato, gli acquirenti esteri – essendo i prezzi legati al mercato europeo più alti – hanno convenienza a comprare il gas sul PSV, dall’altro, Roma in questo momento ha un’eccedenza di gas, in quanto quello disponibile supera la domanda effettiva, non essendo ancora entrati nella stagione fredda. Uno scenario che, a maggior ragione, non giustifica l’esorbitante aumento dei prezzi energetici che si sta verificando e che, almeno per ora, non è previsto in calo. Tanto più che sul PSV la speculazione è assai più contenuta rispetto alla borsa di Amsterdam. È il caso, dunque, di indagare maggiormente sulle cause che continuano ad alimentare una crisi in buona parte non giustificata che grava innanzitutto su cittadini e imprese.

La principale tra queste è certamente da ricercare sul piano politico: l’emergenza, o crisi, infatti, è diventata il principale strumento di governo delle democrazie occidentali, in quanto attraverso di essa è possibile non solo controllare le “masse”, ma anche dare il via a processi di cambiamento che non potrebbero avvenire in condizioni di “normalità”. In altre parole, l’emergenza è il motore propulsivo per indirizzare la società verso nuovi sistemi politici e socioeconomici. Non dimentichiamo, infatti, le parole pronunciate da Mario Monti nel 2011, quando affermò [2] che «non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi – e di gravi crisi – per fare passi avanti». Secondo Monti, infatti, solo attraverso le crisi gli Stati europei avrebbero ceduto sovranità a livello comunitario. Oggi accade qualcosa di molto simile per quanto riguarda la cosiddetta “transizione ecologica” e a confermarlo è niente di meno che il direttore generale di Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini.

Signorini è intervenuto [3] all’assemblea annuale dell’Associazione nazionale fra le Imprese Assicuratrici e, parlando di crisi energetica ed economica, ha dichiarato quanto segue: «Sono d’accordo con le misure di molti governi per mitigare l’impatto immediato dei rialzi eccezionali dei prezzi energetici, ma va ricordato come tali prezzi devono crescere per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine nella transizione climatica, obiettivi che l’attuale transizione rende ancora più vitali». Tradotto, il numero due di Bankitalia sta dicendo che per agevolare la transizione climatica è necessario che il prezzo del gas rimanga elevato, di modo che i consumatori dirottino le loro scelte verso fonti energetiche rinnovabili. A questo punto, è oltremodo evidente che c’è qualcuno che ha interesse a mantenere elevato il prezzo delle bollette, sia per motivi economico-speculativi – in questo caso le grandi compagnie energetiche – sia per “strategie” politiche legate alla transizione ecologica.

È chiaro che il problema non riguarda la transizione ecologica in quanto tale, di per sé necessaria, ma le modalità con cui si pretende che questa venga messa in atto, ossia addossandola quasi esclusivamente su famiglie e imprese, rischiando così di gettare il Paese in recessione e di deindustrializzarlo a vantaggio di potenze straniere e a scapito degli interessi nazionali.

[di Giorgia Audiello]