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Disobbedienza civile

Propongo volentieri due riflessioni di Henry David Thoreau, sulla schiavitù, la prima da ‘Disobbedienza civile’, 1849, la seconda da ‘Apologia per John Brown’, 1859.

“Un uomo saggio non lascia il giusto alla mercé del caso né desidera che esso si affermi attraverso il potere della maggioranza. C’è pochissima virtù nell’azione di masse di uomini. Quando alla fine, la maggioranza voterà per l’abolizione della schiavitù sarà perché o la schiavitù non le interesserà più o ne sarà ormai rimasta molto poca da abolire. Ma allora la maggioranza sarà la nuova massa di schiavi. Solo il voto di chi afferma con esso la propria libertà può affrontare l’abolizione della schiavitù”.

“Circa milleottocento anni fa Cristo fu crocifisso, forse questa mattina il capitano Brown è stato impiccato. Questi due uomini sono i due capi di una catena che non è senza anelli… Diceva Brown: ‘Ho pietà dei poveri in schiavitù che non hanno nessuno che li aiuti: questa è la ragione per cui io sono qui, non per animosita’ personale o spirito vendicativo. Io sono dalla parte degli oppressi e dei maltrattati che alla vista di Dio sono altrettanto buoni e preziosi di voi… Voglio che capiate che io rispetto i diritti della più povera e più debole gente di colore, oppressa dal potere schiavista, nella stessa maniera in cui voi rispettate i diritti dei più ricchi e dei potenti”.

A chi legge il compito di vedere le analogie (e le dovute differenze) con i tempi attuali.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]