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Sanità pubblica: i numeri del collasso nel rapporto della federazione dei medici

Sono passati due anni da quando il ministro della Salute Roberto Speranza annunciava trionfale investimenti miliardari che avrebbero portato il budget della sanità pubblica a 120 miliardi di euro. Oggi di quelle promesse rimane il lontano ricordo, mentre la realtà sullo stato del Servizio Sanitario Nazionale è resa nei suoi crudi numeri da un rapporto diffuso da CIMO-FESMED, la federazione cui aderiscono 14mila sanitari: dal 2010 al 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 pronto soccorso, con un totale di 37.000 posti letto persi. Nelle strutture ospedaliere mancano all’appello oltre 29 mila professionisti, di cui 4.311 medici. Numeri che, a cascata, hanno comportato una “riduzione drastica dell’attività sanitaria”.

Dal Dossier [1] Sanità: Allarme Rosso, redatto dalla Federazione CIMO-FESMED risultano dati interessanti per quella che oggi tutti chiamiamo crisi sanitaria. Posti letto che non sono abbastanza, carenza di personale sanitario e taglio netto dei servizi sono tutti quanti elementi importanti per quel che riguarda la forza della sanità pubblica. Sanità invidiata da molti paesi proprio per il suo essere pubblica e universale, ma visti i dati, fino a quando riuscirà ad essere sostenibile la situazione?

L’analisi si basa sui conti economici della Regione dello stato, sul conto annuale del Ministero di economia e finanza, sui rapporti annui del Ministero della Salute, e sugli studi Istat. Dai dati rilevati, negli ultimi dieci anni risulta una drastica diminuzione dei posti letto e delle strutture ospedaliere. In particolare in questo decennio hanno chiuso i battenti 11 aziende ospedaliere, 100 ospedali a gestione diretta, 113 pronto soccorso di cui 10 pediatrici e disattivate 85 unità mobili di rianimazione. Risulta dai dati che le strutture ospedaliere pubbliche abbiano perso -38,684 posti letto, mentre quelle private ne hanno guadagnato +1,747. La chiusura delle strutture ospedaliere ha un grave impatto anche sul personale che conta una perdita di 29.284 professionisti, di cui 4.311 medici. Questi dati non considerano le assunzioni avvenute nel 2020 con la pandemia da Covid19, durante la quale abbiamo avuto una grande dimostrazione di quanto i tagli e le chiusure abbiamo rappresentato un grave problema.

Contando quindi la drastica diminuzione delle strutture ospedaliere e il taglio dei posti letto l‘offerta sanitaria ha perso un notevole valore. Infatti, negli ultimi dieci anni sono stati tagliati 700 medici di guardia medica, il che ha portato ad una diminuzione degli interventi, ossia -1.498 in meno ogni 100.000 abitanti. Questo dato ha rappresentato anche un aumento della complessità clinica dei pazienti, che ha portato ad un aumento dei ricoveri, 55 in più ogni 100.000 abitanti. Drastica la situazione anche nei pronto soccorso, dove nel 2010 erano oltre 22,4 milioni i pazienti curati, che nel 2019 diventano 2 milioni di accessi in meno. Scendono ancora nel 2020 a 8.8 milioni in meno, anno in cui complice il Covid, molti pazienti sono stati spinti ad evitare di accede in pronto soccorso. Così facendo molte visite mediche o diagnosi importanti sono state evitate o ritardate, sottovalutando la gravità clinica della malattia. Tra il 2010 e il 2020 il tasso di mortalità è aumentato del +85%. A risultare scandente è anche l’assistenza territoriale, la cui offerta sanitaria si è ridotta dal 2010 di 282,8 milioni di prestazioni. L’attività clinica in laboratorio risulta inoltre diminuita del 32%, ossia -63,9 milioni.

In conclusione dall’analisi svolta da CIMO-FESMED risulta chiaramente che nell’ultimo decennio il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale sia cresciuto del 16,4% (+18.548 miliardi). Allo stesso tempo però la spesa sanitaria è aumentata di 15.744 miliardi provocando un saldo positivo di 2,8 miliardi. Questo saldo è per il 20% però favorito dalla riduzione del costo dei medici. Questi numeri sono tuttavia legati al costo dei beni sanitari, e non dei servizi. Questo, insieme al mancato esercizio delle aziende di molti servizi, rendono quindi più che evidente lo scarso impegno economico su mezzi e risorse umane. Infine, i dati dell’attività sanitaria dimostrano una crisi della sanità che sta ormai rompendo ogni limite e che appare ormai al collasso.

[di Marina Lombardi]