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Nord Stream, i sabotaggi costeranno caro alla biosfera

I tre squarci che hanno inspiegabilmente interessato i gasdotti Nord Stream 1 e 2 avranno (o meglio, stanno già avendo), delle conseguenze disastrose per il clima e l’ambiente. Il sabotaggio, secondo le prime stime, nei momenti successivi alle esplosioni ha comportato il rilascio di circa 500 tonnellate di metano l’ora. Battuta quella che fino a pochi giorni fa era la peggiore perdita di metano della storia: avvenuta a Los Angeles nel 2016, ne aveva rilasciato 10 volte meno. Dati più precisi si hanno, al momento, solo per il Nord Stream 2. Questa settimana, il gasdotto conteneva 300 milioni di metri cubi di gas. A seconda della temperatura, potrebbero essere state perse tra i 140 e i 200 milioni di tonnellate di metano: un impatto sul clima equivalente a quello annuo di una città di mezzo milione di abitanti.

Ancora incertezza sui responsabili dei danneggiamenti ai gasdotti [1] Nord Stream 1 e 2, mentre le indagini proseguono in un clima già economicamente molto complesso, a causa situazione energetica europea che porterà delle ripercussioni negli approvvigionamenti del gas, sappiamo bene chi pagherà il prezzo di tutto questo: l’ambiente, ancora una volta. Se già la situazione ambientale sembrava critica, si ha sempre più conferma che giorno dopo giorno i peggioramenti aumentano, anche questa volta le stime parlano di impatti devastanti per l’ambiente. Al momento è ancora difficile fare delle valutazioni precise per quel che riguarda i numeri, troppi fattori restano ancora incerti. Tuttavia, si conoscono alcuni dati riguardo la quantità di gas presente nel Nord Stream 2. I due Nord Stream non erano operativi, l’1 da inizio settembre e il 2 mai entrato in funzione, nonostante questo i tubi erano pieni e contenevano comunque delle quantità di gas, che è stato dispeso in mare.

Per quanto riguarda il Nord Stream 1, risulta ancora difficile avanzare delle ipotesi dal momento che non si conosce l’entità di gas contenuta dopo l’avvio dei lavori di manutenzione di qualche settimana fa. Dati più precisi arrivano però per quanto riguarda il Nord Stream 2, che era stato fermato a febbraio, ma risultava già pronto ad entrare in funzione. Il gas in pressione contenuto risulta essere una cifra pari a 300 milioni di metri cubi. In base alla temperatura con cui è mantenuto, si può arrivare a 140-200 milioni di tonnellate di metano, rilasciate in atmosfera. Secondo i calcoli effettuati da Reuters [2], l’impatto sul clima sarebbe devastante, l’equivalente di una città di più di mezzo milione di abitanti.

Le tre esplosioni sono state rilevate dai sismografi che hanno fatto emergere il dato secondo cui si tratterebbe dell’equivalente di un terremoto di magnitudo 2.3. Il guasto è tale da essere visibile anche ad occhio nudo, formando un’immagine di tre grandi cerchi, di circa 1km di diametro l’uno, che ribollono nell’acqua, dai quali il metano risale e viene liberato nell’atmosfera. Dai satelliti si ha accesso ad una fotografia molto accurata di ciò che il danno ha provocato. Nonostante i valori diminuiscano man mano che passa il tempo perché la pressione e i volumi scendono, l’impatto ambientale risulta comunque catastrofico. Secondo le stime dell’agenzia GHGSat, le tre perdite insieme, nelle prime ore emettevano circa 500 tonnellate di metano l’ora. L’agenzia ha inoltre osservato che lungo le condutture non sono presenti meccanismi di chiusura e che quindi le perdite non si interromperanno finché tutto il gas contenuto non sarà esaurito. Da tenere presente è anche che non tutto il metano si disperderà in atmosfera poiché una parte verrà consumato dai batteri oceanici. Nella giornata è inoltre stata scoperta una quarta falla provocata dall’esplosione dei gasdotti, sulla quale però al momento non si hanno dati precisi per capirne il danno e quantificarlo in numeri di disastro ambientale.

[di Marina Lombardi]