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Basta massacri di canguri: la protesta contro i marchi della moda alla Fashion Week

In occasione della Milano Fashion Week c’è chi ha voluto ricordarne il lato oscuro ponendo il focus sull’ipocrisia italiana e un suo macabro primato: il Bel Paese è il maggiore importatore europeo di pelli di canguro. Durante il presidio tenutosi nella città lombarda, l’associazione Iene Vegane [1] ha fatto i nomi dei marchi italiani che alimentano il silenzioso commercio della materia prima perlopiù impiegata nella realizzazione di abiti sportivi, ma il quale utilizzo è assai diffuso in svariati settori del mondo della moda. Si stima che ogni anno siano circa 100 le tonnellate di pelli che giungono in Italia, poi trattate nei distretti conciari nazionali. Tra il 2012 e il 2016 le aziende di moda italiane hanno effettuato una spesa di quasi 15 milioni di euro, cifra che definisce la quantità di esemplari sacrificati, circa due milioni. L’intervento degli attivisti in un momento tanto importante per il mondo fashion fa luce su una questione poco conosciuta [2] e di cui si parla in maniera limitata ma che è fin troppo lontana dal rispetto e dalla salvaguardia degli animali.

La pelle di canguro è tanto ambita perché, quando impiegata nella realizzazione di dati capi di abbigliamento, garantisce una qualità non indifferente, confermandosi come materiale pratico, leggero, resistente ed esteticamente soddisfacente. Purtroppo però pochi sanno dell’origine [3] del cuoio di canguro, di come questo venga ottenuto e di quanto i mammiferi simbolo dell’Australia siano continuamente esposti a ingenti rischi. Almeno un milione di esemplari muore ogni anno e non – solo – per cause naturali. Oltre a ricordare, per esempio, gli incendi che hanno devastato l’Australia circa tre anni fa, con moltissimi animali rimasti uccisi o feriti, esiste in Australia la caccia al canguro. Per quanto regolata dalle autorità locali, i numeri di canguri uccisi sono impressionanti e rendono palese come più che una caccia, l’usanza australiana sia una vera strage. Basti pensare che negli ultimi venti anni, come ha palesato lo scorso anno l’associazione LAV (Lega Anti Vivisezione) attraverso la campagna [4] #KangaroosNotShoes la sola pratica del kangaroo shooting abbia provocato la morte di oltre 45 milioni di esemplari.

Non solo, ma come ha spesso denunciato [3] Animals Australia, viste le località difficilmente raggiungibili in cui i cacciatori uccidono i mammiferi, in una caccia tra l’altro notturna, manca un monitoraggio che poi garantisca reale controllo. Gli spari avvengono in aree remote dell’entroterra australiano e il cosiddetto kangaroo industry Code of Practice prevede che gli animali vengano uccisi con un solo colpo alla testa, per permettere loro una morte “meno dolorosa”. E se già infelice parlare di come uccidere, peggiore è la notizia che fin troppo spesso gli esemplari di canguro adulto cacciati per fini commerciali vengano privati della proprio vita in maniera ben più violenta di quella prevista dal Code of Practice.

E intanto le case di moda, nell’acquistare l’esotico materiale contribuiscono a un vero sterminio. Motivo per cui le Iene Vegane durante i primi giorni della Milano Fashion Week hanno fatto i nomi di chi è responsabile e anche consapevole, della crudeltà dietro l’ambito materiale. Un elenco quello delle attiviste che include aziende come Versace o Prada per esempio, marchi che si fanno paladini di una filosofia cruelty free e poi nascondono azioni contrastanti, denunciano Le Iene Vegane durante il presidio milanese; o come la Lotto che utilizza la pelle di canguro per produrre scarpe da calcio, contro cui da anni è la LAV [5] a schierarsi denunciando da parte del brand chiusura e ben poca volontà di dialogare. Altra azienda italiana accusata dagli animalisti è la Ducati, che impiega la pelle di canguro per realizzare completi da moto; ma come recita uno degli slogan delle attiviste scese nelle vie di Milano il giorno prima dell’inizio della Fashion Week, sarebbe innanzitutto bene ricordare che “La morte non ha stile”.

[di Francesca Naima]

* RETTIFICA DEL 6/10/22: Nella versione originale dell’articolo tra le aziende accusate dagli animalisti di utilizzare pelle di canguro era inserita anche la Diadora, in data odierna l’azienda ci ha comunicato che ha totalmente abolito l’utilizzo di tale materia prima animale da fine 2020, come confermato [5] anche dalla Lega anti vivisezione (LAV). Ci scusiamo con l’azienda per aver divulgato una informazione errata, seppur semplicemente dando voce a una denuncia pubblica svolta da terzi.