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La mobilitazione popolare sta salvando i daini del Delta del Po

Nessun candidato al bando per la cattura e la macellazione dei daini del Parco del Delta del Po, scaduto il 15 settembre scorso: per il momento, gli animali rimangono salvi e in libertà. Pubblicato all’inizio dello scorso settembre su iniziativa dell’ente, era motivato dal fatto che la ricca popolazione di daini presente nella zona della pineta di Classe e della pineta di Volano, entrambe site all’interno del Parco, stesse divenendo un pericolo per l’ecosistema locale, dal momento che il predatore naturale della specie – i lupi – non è presente in numero sufficiente nella zona per poter contenere adeguatamente il numero di daini. Grazie anche alla mobilitazione [1] delle associazioni ambientaliste delle scorse settimane l’abbattimento e la macellazione degli animali sembra per il momento un’ipotesi accantonata, mentre si fa largo quella della sterilizzazione. Anche su questa soluzione, tuttavia, permangono, a detta delle associazioni, alcuni dubbi e punti non chiari.

La Regione Emilia-Romagna avrebbe infatti già deciso [2] di intervenire in tal maniera nelle aree di propria competenza. Tuttavia, secondo quanto comunicato dalla Rete Associazioni Tutela Daini Classe e Volano, “Per quanto riguarda il progetto di sterilizzazione, che a detta dell’assessore Mammi sarebbe in elaborazione assieme alla Lav e al dipartimento di veterinaria dell’università, nelle risposte dello stesso assessore a numerose interrogazioni della consigliera Gibertoni (Gruppo misto) risulta che non è mai stato avviato; inoltre, da vaccino contraccettivo pare si sia passati alla castrazione chirurgica dei maschi”. Non vi sono, inoltre, indicazioni specifiche su progetti di realizzazione, tempistiche e costi: questi ultimi sono stati stimati dall’Ente del Parco intorno ai 400 mila euro, ma senza che fosse specificato su quale basse fossero stati effettuati i calcoli.

L’ente del Parco aveva previsto [3] la cattura e l’abbattimento degli esemplari in un numero massimo di 300 all’anno per tre anni, in quanto presenti nel Parco in numero eccessivo con diversi rischi per le attività agricole. Gli animali, considerati specie aliena invasiva, sono stati introdotti nella zona tra gli anni ’70 e gli anni ’90 dall’uomo: va detto che una scelta di questo genere può determinare, in linea generale, diverse problematiche per la fauna e la flora locale e costituire una minaccia alla biodiversità, se non viene accompagnata da misure di contenimento adeguate.

[di Valeria Casolaro]