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Il Sudafrica blocca le esplorazioni petrolifere della multinazionale Shell

Il colosso petrolifero Shell non potrà più cercare giacimenti di gas e petrolio al largo della “Wild Coast”, un’area rurale ed incontaminata facente parte della costa della provincia sudafricana Eastern Cape. A deciderlo è stata l’Alta Corte di Makhanda, la quale tramite una recente sentenza [1] ha precisamente stabilito che le esplorazioni in questione – effettuate generando onde sismiche con cui analizzare i fondali – erano state concesse dal governo in maniera illegale e dovranno dunque essere interrotte. Una sentenza importante, che sancisce la necessità di proteggere l’interesse pubblico dei cittadini rispetto alle esigenze economiche.

L’Alta Corte ha basato la sua decisione sul fatto che prima di rilasciare il relativo permesso non vi era stata alcuna consultazione con le comunità interessate dalle attività, ma non solo. Accogliendo in toto la tesi delle associazioni ricorrenti, infatti, l’Alta Corte ha altresì stabilito che prima di prendere tale decisione non erano stati presi in considerazione il potenziale danno ai mezzi di sussistenza dei pescatori e gli interessi delle comunità costiere così come previsto dall'”Integrated Coastal Management Act”, ovverosia la “legge sulla gestione integrata delle coste”. In tal senso, l’Alta Corte ha riconosciuto il ruolo chiave dell’oceano nella vita spirituale e culturale delle comunità costiere, sottolineando che “le comunità ricorrenti sostengono di avere doveri e obblighi relativi al mare e ad altre risorse comuni come la nostra terra e le nostre foreste” e che “spetta a loro proteggere le risorse naturali, compreso l’oceano, per le generazioni presenti e future”. L’oceano, ha poi precisato l’Alta Corte, “è il luogo sacro in cui vivono i loro antenati”, motivo per cui “hanno il dovere di garantire che questi ultimi non siano disturbati inutilmente e che siano contenti”.

Esultano [2] dunque le associazioni ricorrenti, che si dicono soddisfatte di aver portato a casa una vittoria di notevole importanza. «La vittoria nel caso Shell è davvero una vittoria per le persone e per il pianeta», ha ad esempio affermato Pooven Moodley, direttore esecutivo dell’organizzazione Natural Justice, mentre Melita Steele, direttrice del programma ad interim di Greenpeace Africa, ha definito la decisione dell’Alta Corte «la prova che il mondo sta entrando in un’era di giustizia sociale e ambientale, in cui le voci delle persone vengono messe prima dei profitti delle compagnie di combustibili fossili tossici». Infine a rendere importante la sentenza – con cui l’Alta Corte ha confermato definitivamente quanto già disposto nel dicembre scorso tramite un’ordinanza cautelare [3] – è anche la tutela della fauna marina, dato che, come sottolineato [4] sempre da Greenpeace Africa, “le balene e i delfini sarebbero stati soggetti a esplosioni sismiche assordanti ogni 10 secondi”.

[di Raffaele De Luca]