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Proteggere le foreste del pianeta: l’esempio del Gabon

Il Gabon, un piccolo Stato nel centro dell’Africa attraversato dall’Equatore, si sta distinguendo nel continente per la sua capacità di proteggere la natura: oltre l’88% del suo territorio è infatti composto da foreste andando a costituire, insieme ad altri Stati contigui, la seconda foresta pluviale più grande al mondo dopo quella amazzonica. Tra il 2010 e il 2020, il Gabon ha perso solo circa 12.000 ettari di foresta, ovvero meno dello 0,1% all’anno. Un risultato di preservazione raggiunto grazie a una combinazione tra educazione, leggi severe contro i reati ambientali ed uso di nuovi strumenti anche tecnologici per la protezione del territorio e la prevenzione dei reati ambientali.

Proprio nella capitale del Gabon, Libreville, si è da poco concluso l’Africa climate week 2022 [1] (ACW 2022), un evento organizzato per analizzare l’azione climatica nel continente, “esplorare le sfide e le opportunità climatiche e mostrare soluzioni ambiziose”. Nonostante l’Africa stia contribuendo meno alle emissioni globali di gas serra che causano i cambiamenti climatici rispetto agli altri continenti, ne subisce una quota sproporzionata d’impatto. Secondo un report del 2021 [2] coordinato dalla World Meteorological Organization (WMO), ad esempio, la temperatura in Africa aumenta a un ritmo più veloce rispetto alla media globale. Inoltre le immense risorse naturali sul territorio costituiscono un’attrattiva per bracconieri e gruppi criminali che vogliono sfruttare la flora e la fauna per profitto. L’ Africa climate week 2022, in scena dal 29 agosto al 2 settembre 2022, si è proposto come una piattaforma di scambio con lo scopo di migliorare l’azione congiunta per il clima e l’ambiente. L’evento, organizzato dalle Nazioni Unite, anticipa la Cop 27, in programma a novembre. 

Protagonista, nonché Paese ospitante, di questa edizione dell’Africa climate week proprio il Gabon, che costituisce un esempio virtuoso di gestione delle proprie risorse in maniera sostenibile. Grazie a politiche mirate, il Paese è riuscito a sviluppare economicamente la foresta pluviale senza distruggerla, eliminando la minaccia del disboscamento e di altre attività illegali. Per farlo, il Gabon ha ideato un metodo di controllo tramite le immagini satellitari, utilizzate per rintracciare e arrestare i taglialegna illegali. Questo sistema, unico in tutta l’Africa centrale, fornisce al governo dati precisi su come stanno cambiando le sue foreste pluviali. E presto i dati diventeranno ancora più esatti, grazie a un sofisticato sistema di tracciamento ancora in elaborazione – con codice Qr per controllare il percorso dei tronchi dalle foreste ai porti. «Tra il 2010 e il 2020, il Gabon ha perso solo circa 12.000 ettari di foresta, ovvero meno dello 0,1% all’anno», ha dichiarato George Akwah Neba, coordinatore del Programma del Bacino del Congo presso il Forest Stewardship Council (FSC). «Abbiamo assistito a un’enorme rigenerazione delle foreste degradate a partire dai primi anni 2000, grazie a diverse decisioni coraggiose che hanno distinto il Gabon come leader nelle politiche di gestione ambientale e forestale».

Oltre alle misure tecnologiche, il successo del programma del Gabon è dovuto anche a una serie di nuove e severe leggi contro la corruzione. Dal punto di vista economico questo sistema virtuoso ha portato a una crescita per il Paese (il legno degli alberi del bacino viene utilizzato per costruzioni e produzioni di oggetti che vengono poi commercializzati in tutto il mondo), riuscendo contemporaneamente a preservare quel ruolo fondamentale che la foresta svolge nell’assorbire CO2 dall’atmosfera. «Entro i prossimi dieci anni dovremmo essere in grado di costruire un’industria del legname da 10 miliardi di dollari che crei circa 300mila posti di lavoro», ha affermato Lee White, ministro dell’Ambiente. 

Il Gabon si erge a modello per quei Paesi limitrofi che fanno parte della foresta pluviale, come il Camerun e la Repubblica Democratica del Congo, che invece faticano a trovare un sistema altrettanto efficace e lottano per la conservazione delle foreste a causa della mancanza di fondi o organizzazioni di ribelli. Queste nazioni devono affrontare la minaccia del disboscamento illegale e proteggersi non solo da piccoli gruppi, ma anche da grandi realtà. Decine di aziende straniere, infatti, pagano tangenti a funzionari corrotti per abbattere vaste aree di foresta pluviale che ospitano elefanti e gorilla in via di estinzione. La maggior parte del legno finisce poi per essere venduto per ammobiliare case negli Stati Uniti, in Europa o in Asia.

Al momento solo in Gabon, grazie alle immagini satellitari, è possibile rintracciare e arrestare i taglialegna illegali. E grazie a questo sistema, il Paese ha fissato un obiettivo coraggioso: garantire che tutte le concessioni di taglio, ovvero le aree in cui questo è consentito, siano sostenibili entro il 2025. Il Paese vuole infatti che ogni taglio abbia la certificazione FSC, uno standard globale di gestione etica delle foreste, che garantisce che tutto il legno provenga da fonti sostenibili.

[di Sara Tonini]