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Nuovi vaccini anti-Covid: la rivista Science pubblica le domande senza risposta

“I booster per Omicron stanno arrivando, con molte domande”: è questo il titolo di un articolo [1], pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science, che ha ad oggetto tutta una serie di interrogativi sui vaccini anti-Covid ad mRNA che prendono di mira la sottovariante Omicron BA.1 nonché su quelli aggiornati alle sottovarianti BA.4 e BA.5. Tra le domande riportate, però, alcune sono prive di risposte definitive dato che, stando a quanto si desume dall’articolo, fornirle è al momento pressoché impossibile. “I dati sui booster aggiornati sono limitati e l’impatto che avranno non è chiaro”, viene infatti premesso nelle prime righe del testo, con la mancanza di risposte che evidentemente rappresenta una logica conseguenza di questo dato di fatto.

Venendo precisamente alle domande senza risposta, la prima riguarda la migliore protezione che “l’mRNA per un ceppo specifico” potrebbe comportare. Si tratta infatti di un risultato “difficile da prevedere”, dipendendo “in parte dalla quantità di BA.4 e BA.5 ancora in circolazione nel momento in cui vengono somministrati i vaccini”, nonché “da quanto ad essi si avvicini la successiva varietà dominante” e “da quante persone hanno l’immunità grazie ad una recente infezione”. Nel tentativo di dare una risposta, tuttavia, viene citata una ricerca [2] in fase di preprint (i cui risultati sono quindi provvisori) dalla quale è emerso che “in media, una dose aggiuntiva di un vaccino che codifica per la proteina spike del virus originale ha portato ad un aumento di 11 volte degli anticorpi neutralizzanti contro tutte le varianti” e che i vaccini per un ceppo specifico migliorano solo “leggermente” tale situazione. In pratica, risultati simili si ottengono con la somministrazione di qualsiasi richiamo. Del resto, i booster adattati su un ceppo specifico sembrerebbero comportare qualche beneficio anche a livello di popolazione, ma si tratta di vantaggi minimi e che dipendono dai livelli di immunità esistenti. “Se, ad esempio, una popolazione ha già una protezione dell’86% contro le malattie gravi” – si legge nell’articolo – “i richiami basati sul ceppo originale potrebbero aumentarla al 98% e quelli aggiornati alla Omicron al 98,8%”.

“Se i benefici sono limitati, abbiamo davvero bisogno dei nuovi booster?”. È questa dunque la domanda che viene inevitabilmente riportata nell’articolo e che risulta priva di una risposta definitiva. Mentre secondo Angela Branche, dell’Università di Rochester Medical Center, l’immunità ampliata che i vaccini aggiornati potrebbero conferire ripagherebbe se emergessero nuove varianti, alcuni scienziati pensano che non ci sia bisogno dei nuovi booster. Paul Offit, ricercatore sui vaccini presso il Children’s Hospital di Philadelphia nonché uno dei due membri del comitato della FDA che ha votato contro la richiesta alle aziende di produrre booster specifici per Omicron, pur non mettendo in dubbio che i nuovi vaccini avranno qualche beneficio, dubita che “valgano le risorse aggiuntive”. «Gli attuali vaccini prevengono ancora gli esiti più gravi», afferma infatti Offit, specificando che «se l’obiettivo è fermare le infezioni, anche i vaccini aggiornati avranno un impatto limitato».

Oltre poi alla domanda relativa al contenuto dei nuovi booster – nella quale viene spiegato che questi ultimi sono bivalenti, con “metà del mRNA che codifica la proteina spike del ceppo originale emerso a Wuhan” e “l’altra metà che codifica la proteina spike di BA.1 o quella di BA.4 e BA.5” – da citare è certamente la domanda sui dati raccolti dalle aziende farmaceutiche. Rispondendo alla stessa, infatti, viene precisato che “i dati sugli esseri umani sono disponibili solo per i booster destinati a BA.1” mentre “per i booster BA.4/BA.5, le aziende hanno presentato dati sugli animali”. “Non li hanno resi pubblici, anche se alla riunione della FDA di giugno Pfizer ha presentato i risultati preliminari su otto topi a cui è stato somministrato il vaccino BA.4/BA.5 come terza dose”, si legge inoltre nell’articolo. Viene dunque spontaneo chiedersi: “Come possono le autorità prendere in considerazione l’autorizzazione dei vaccini senza dati di sperimentazione sull’uomo?”. Secondo Leif Erik Sander, esperto di malattie infettive presso l’ospedale universitario Charité di Berlino, un approccio simile a quello adottato con i vaccini antinfluenzali (che vengono aggiornati ogni primavera senza dover essere sottoposti a nuovi test clinici a meno che non cambi significativamente il modo in cui vengono prodotti) per i nuovi vaccini aggiornati alle varianti Covid avrebbe un senso in quanto le modifiche all’mRNA sarebbero minime. Si tratta però di una mera opinione, che tra l’altro non tiene conto della possibilità per cui autorizzare – come alla fine è stato fatto [3] – vaccini aggiornati senza dati clinici [4] potrebbe ridurre il numero di cittadini disposti a sottoporsi agli stessi.

[di Raffaele De Luca]