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Il giudizio su Mikhail Gorbaciov divide Russia e Occidente

È morto la notte scorsa a 91 anni in un ospedale di Mosca, Mikhail Gorbaciov, ultimo leader dell’URSS, malato da lungo tempo. Considerato una figura di grande importanza storica, è noto per la sua politica di distensione con l’Occidente durante gli anni Ottanta e Novanta che portò al termine della Guerra fredda e per le riforme della “perestrojka” (“ricostruzione”), annunciate nel 1986. Quest’ultime hanno allentato il controllo dello Stato sui ministeri e sulle grandi imprese statali, preparando il terreno al “libero mercato”, mentre dal punto di vista sociopolitico fu incoraggiato il principio della glasnost’, la trasparenza nella circolazione delle informazioni e nella gestione degli affari pubblici: il controllo del Partito comunista sui media fu allentato e all’inizio del 1987 furono rilasciati quasi tutti i dissidenti politici. Molto importanti furono poi le sue trattative con il presidente americano Ronald Reagan sul disarmo e la riduzione degli arsenali nucleari. Tuttavia, se la sua figura e il suo operato politico sono ampiamenti esaltati in Occidente, la stessa cosa non si può dire avvenga in patria, dove il riformismo e la modernizzazione da lui promossi sono visti dai più come elementi controversi, quando non apertamente contrari agli interessi della Russia.

Dopo l’annuncio della sua morte, le pagine dei giornali occidentali sono state riempite con editoriali e articoli celebrativi dell’ex leader sovietico e non sono mancati i commenti di elogio e di stima da parte dei capi delle nazioni democratiche: il presidente americano Joe Biden lo ha ricordato [1] come «un uomo di notevole lungimiranza» che attraverso la parziale democratizzazione dell’URSS e i trattati sul disarmo ha contribuito a creare «un mondo più sicuro e una maggiore libertà per milioni di persone». Mentre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo ha ricordato come «un leader fidato e rispettato. Ha svolto un ruolo cruciale per porre fine alla Guerra Fredda e far cadere la cortina di ferro. Ha aperto la strada a un’Europa libera. Questa eredità è quella che non dimenticheremo». Dello stesso tenore sono stati i commenti di commiato da parte di Mario Draghi, Angela Merkel e Emmanuel Macron. Quasi nessuna considerazione da parte degli organi mediatici, invece, su come sia percepita in patria la figura di Gorbaciov.

Da sempre, in Russia è considerato una personalità politica complessa e contraddittoria e molti ritengono che le sue riforme, in particolare la perestrojka, abbiano contribuito all’indebolimento e infine al crollo dell’Unione Sovietica, evento drammatico per il popolo russo. L’indebolimento dell’URSS si sarebbe riversato, come conseguenza, anche sulla Federazione russa, favorendo un sostanziale commissariamento del governo di Mosca tramite la penetrazione degli organismi finanziari occidentali. Con il rapido e dissennato passaggio all’economia di mercato e con una massiccia operazione di privatizzazioni – fortemente sostenuti dal FMI e messi in atto senza le necessarie istituzioni di controllo – l’inflazione aumentò esponenzialmente impoverendo i cittadini e contribuendo a far crollare il PIL del Paese. Secondo l’economista Premio Nobel Joseph Stiglitz: «per la maggior parte dei cittadini dell’ex Unione Sovietica, la vita economica sotto il capitalismo è stata addirittura peggiore delle più fosche previsioni dei vecchi leader comunisti». La strategia dell’FMI, infatti, non funzionò: il PIL nella Russia post 1989 continuò a diminuire, anno dopo anno, più che durante la Seconda guerra mondiale.

In Russia, tutto questo se lo ricordano bene sia i cittadini che i principali organi di stampa: su un articolo apparso oggi su RT si legge, infatti, che molti ritengono che «le sue politiche abbiano indebolito l’Unione Sovietica e il suo successore, la Russia, e furono la maggiore causa del crollo dell’URSS». Anche sul piano geopolitico, non vengono risparmiate critiche: le conseguenze delle politiche di Gorbaciov portarono, infatti, ad una sostanziale subordinazione della potenza militare e geostrategica russa alla NATO, permettendo a quest’ultima di espandersi verso est: «procedendo con le iniziative di disarmo nucleare, incluse quelle unilaterali, [Gorbaciov] ha minato la potenza militare e industriale dell’Unione Sovietica, mentre altri lo accusano di aver fallito nell’impedire alla NATO di espandersi verso est e, infine, direttamente ai confini della Russia».

Ancora più radicale l’editoriale [2] dell’agenzia di stampa Ria Novosti secondo il quale «L’antica saggezza dice che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Mikhail Gorbaciov può servire a dimostrare che le buone intenzioni di un leader nazionale sono in grado di causare l’inferno sulla terra per un intero paese». Per i russi, il crollo dell’URSS fu una vera e propria catastrofe nazionale le cui conseguenze si protraggono fino ad ora e l’ultimo leader sovietico è considerato responsabile della distruzione del Paese «per l’incubo degli anni ’90, per milioni di vite perse in guerre civili, pulizie etniche, attacchi terroristici e guerre tra bande, per milioni di vite non ancora nate».

In definitiva, gli interessi diametralmente opposti di Russia e mondo occidentale comportano un giudizio altrettanto opposto dell’operato del politico sovietico: è indubbio che le sue azioni abbiano agevolato la dissoluzione dell’Unione Sovietica, accelerando così la svolta unipolare dell’Occidente capitalista e la sottomissione della Russia al club delle potenze del “primo mondo”. Con il suo impulso genuino di riforma e modernizzazione, Gorbaciov ha più o meno indirettamente favorito l’ascesa incontrastata del modello e dell’egemonia liberale, provocando allo stesso tempo la distruzione del suo Paese: non stupisce, dunque, l’enorme apprezzamento da parte delle nazioni democratiche, così come le aspre critiche nei suoi confronti da parte del mondo russo. Sempre secondo Ria Novosti, infatti, non è importante quanto siano alti gli ideali o i desideri di rinnovamento di un capo politico, in quanto ciò che veramente conta sono poi i risultati e le azioni concrete e, in questo, «il destino storico di Mikhail Gorbaciov è una lezione per tutti gli statisti».

[di Giorgia Audiello]