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La NATO intende aumentare la presenza militare anche nell’Artico

«La NATO deve aumentare la sua presenza nell’Artico» ha dichiarato recentemente il segretario della NATO Jens Stoltenberg in un’intervista [1] rilasciata al quotidiano tedesco Welt am Sonntag. La dichiarazione arriva poco dopo la sua visita in Canada avvenuta la scorsa settimana: in quell’occasione, durante l’incontro con il Primo ministro canadese Justin Trudeau, il segretario generale aveva allertato sulla «sfida strategica» posta all’Alleanza Atlantica dal nuovo comando artico della Russia: «La Russia ha istituito un nuovo Comando Artico, ha aperto centinaia di siti militari artici nuovi e dell’ex era sovietica, tra cui campi d’aviazione e porti in acque profonde», ha asserito, aggiungendo anche che Mosca «sta usando la regione come banco di prova per molti dei suoi nuovi e inediti sistemi d’arma». Da qui l’esigenza crescente degli Stati Uniti per un aumento della presenza delle forze NATO nell’Artico canadese e non solo.

La regione, infatti, sta diventando sempre più centrale per determinare i rapporti di forza tra le super potenze mondiali, inaugurando così un “nuovo” teatro di competizione geostrategica che ha per oggetto le rotte marittime e le risorse minerarie dell’area polare, contesa specialmente tra Stati Uniti, Russia e Cina. Negli ultimi mesi, sia Mosca che Washington hanno manifestato esplicitamente il loro aumentato interesse per l’area: la prima con la nuova dottrina navale firmata dal presidente Vladimir Putin lo scorso 31 luglio, la seconda con le ultime dichiarazioni del segretario generale della NATO. Inoltre, venerdì 26 agosto, gli USA hanno annunciato attraverso un comunicato [2] del Dipartimento di Stato che nomineranno per la prima volta un ambasciatore generale speciale per la regione artica. «Per promuovere gli interessi americani e la cooperazione con alleati e partner nell’Artico, e dopo ampie consultazioni con i membri del Congresso, i funzionari del governo locale e federale e le parti interessate esterne, il Presidente prevede di elevare la posizione di Coordinatore dell’Artico nominando un Ambasciatore generale per la Regione Artica, previo parere e consenso del Senato», si legge nella nota.

La Casa Bianca sta sostanzialmente inseguendo il Cremlino, poiché l’interesse crescente dell’amministrazione americana per l’Artico risulta la risposta alle grandi manovre di Mosca nell’area, anche considerato che il 53% della costa artica si trova in territorio russo. Anche la Cina, pur non essendo parte del Consiglio Artico ha mire importanti sulla regione: Pechino, che fa parte dei 13 Paesi osservatori del Consiglio, si definisce uno Stato “sub Artico” e prevede di utilizzare le rotte e le risorse marittime di questo spazio geografico per la cosiddetta “Via della Seta polare”. Il progetto comprenderebbe la costruzione della più grande flotta rompighiaccio del mondo, assicurando nuove rotte marittime e risorse minerarie per l’economia e i commerci cinesi.

L’interesse delle superpotenze per il polo settentrionale è aumentato in seguito al cambiamento climatico nella regione che ha favorito lo scioglimento dei ghiacciai: l’anno scorso la copertura glaciale si è ridotta al minimo nell’intera storia delle osservazioni. In seguito a ciò, si sono aperte nuove rotte marittime, in particolare un corridoio attraverso lo stretto di Bering tra la Siberia e l’Alaska fino al mare di Barents. Il Cremlino ha intenzione di rendere controllata e sicura la rotta artica, secondo la strategia della nuova dottrina navale, in quanto la nuova via marittima riduce di giorni il trasporto delle merci dalle coste del Pacifico ai porti nordeuropei, evitando di dover passare per il canale di Suez. Inoltre, la via marittima settentrionale non è più percorribile da navi straniere senza l’autorizzazione delle autorità russe. Le rotte commerciali dell’Artico, dunque, rappresentano il nuovo oggetto di competizione tra gli Stati del nord, insieme alle risorse dei giacimenti minerari presenti sui fondali marini e rese maggiormente accessibili sempre dallo scioglimento dei ghiacci.

Gli Stati artici, dunque, sono in competizione tra loro per il controllo dei fondali marini, ricchi di giacimenti petroliferi e di gas: per rivendicare la terra al di fuori delle loro acque territoriali però (12 miglia nautiche dalla costa), devono dimostrare che il fondale è un’estensione della loro piattaforma continentale. Il che è molto complicato e innesca competizioni e rivendicazioni spesso arbitrarie: è iniziata quindi la corsa per la conquista di uno spazio geografico e geostrategico sempre più determinante. Si gioca anche in quest’area del mondo, infatti, la partita per la supremazia nello scacchiere internazionale, in quanto, tra le altre cose, sul bacino artico si affacciano due continenti determinanti per le sorti della geopolitica mondiale: l’Eurasia e il Nordamerica. Di conseguenza qui convergono e si sovrappongono gli interessi e le visioni strategiche delle tre maggiori potenze mondiali: Stati Uniti, Russia e Cina. Per ora la Russia pare essere “in vantaggio” in quest’area e, anche considerato i rapidi sconvolgimenti geopolitici innescati dalla crisi ucraina – tra cui l’indebolimento dell’egemonia incontrastata americana – gli Stati Uniti non possono assolutamente permettersi di lasciare campo libero alle sue due principali potenze rivali.

[di Giorgia Audiello]