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Cosa sappiamo dell’omicidio di Darya Dugina?

Ha suscitato grande scalpore sia in Russia che all’estero la brutale uccisione della politologa e giornalista russa Darya Dugina – nota anche con lo pseudonimo di Darya Platonova – appena trentenne e figlia del filosofo e politologo russo Alexander Dugin, considerato erroneamente dai commentatori occidentali l’ideologo di Putin. Sabato sera l’autovettura su cui viaggiava – una Toyota Land Cruiser Prado di proprietà del padre – è esplosa nei pressi del villaggio di Bolshiye Vyazemy, vicino a Mosca, mentre la giovane donna tornava a casa dopo aver partecipato insieme al padre al festival culturale “Tradizioni”. Secondo alcune fonti [1], sull’auto avrebbe dovuto esserci anche lo stesso Dugin che, all’ultimo momento, ha deciso, invece, di viaggiare su un altro mezzo: per questo si fa strada l’ipotesi che il vero bersaglio dell’attentato fosse in realtà il noto professore moscovita oppure entrambi. Dopo una serie di congetture circa le responsabilità, dagli ultimissimi aggiornamenti si apprende che l’FSB (il Servizio di Sicurezza federale russo) dichiara di aver risolto il caso, accusando direttamente i servizi segreti ucraini dell’omicidio di Dugina, come riporta [2] l’Interfax russa: «Il Servizio di sicurezza federale della Federazione Russa, a seguito di un complesso di misure urgenti di ricerca operativa, ha risolto l’omicidio della giornalista russa Darya Dugina, nata nel 1992», ha affermato il Centro per le relazioni pubbliche (CSP) del Servizio di sicurezza federale lunedì. Secondo l’FSB, «il crimine è stato preparato e commesso dai servizi speciali ucraini».

L’appaltatore sarebbe una cittadina ucraina, Vovk Natalya Pavlovna, arrivata in Russia lo scorso luglio insieme alla figlia, Shaban Sofia Mikhailovna: le due donne per organizzare l’omicidio avrebbero alloggiato nello stesso palazzo in cui abitava la Platonova, spiandone i movimenti e seguendola con una Mini Cooper a cui avrebbero cambiato tre volte la targa: «il giorno dell’omicidio, Vovk e Shaban erano al festival letterario e musicale Tradition, dove Dugina era presente come ospite d’onore», ha dichiarato il servizio di sicurezza. L’FSB ha inoltre riferito che i materiali dell’indagine sono stati trasferiti al Comitato Investigativo della Federazione Russa. La notizia smentirebbe, dunque, le ipotesi secondo cui l’omicidio sarebbe stato organizzato da attori interni alla Russia in funzione anti Putin: secondo alcune indiscrezioni [3] rilasciate da un ex membro della Duma, Ilya Ponomarev, e riportate dal Guardian, infatti, l’esplosione sarebbe stata pianificata da un gruppo clandestino, i cosiddetti “partigiani russi”, che opera all’interno della Federazione per rovesciare il governo di Putin. Una pista che pare, dunque, da scartare completamente.

Ad aver accusato per primo i servizi segreti ucraini, invece, è stato il capo dell’autoproclamata Repubblica filorussa di Donetsk, Denis Pushilin. La portavoce del Ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, al riguardo ha dichiarato [4] che «Le forze dell’ordine russe stanno indagando sulla morte di Darya Dugina. Se la traccia ucraina è confermata, e questa versione è stata doppiata dal capo della DPR Denis Pushilin, e deve essere verificata dalle autorità competenti, allora stiamo parlando di una politica di terrorismo di stato compiuta dal regime di Kiev». Dal canto suo, il governo ucraino ha respinto le accuse con forza: «Sottolineo che l’Ucraina, ovviamente, non ha nulla a che fare con questo» ha affermato il capo dell’ufficio del Presidente ucraino, Mikhail Podolyak.

È inevitabile collocare l’omicidio all’interno dello scontro non solo militare, ma anche ideologico e culturale, che infiamma le relazioni tra Russia e Ucraina: Darya, che aveva conseguito la laurea in filosofia con uno studio su Platone – da cui l’appellativo “Platonova” – aveva seguito le orme del padre. Anche lei osservatrice politica e attivista, collaborava con il Movimento Euroasiatico, scriveva per diverse testate giornalistiche russe, sosteneva la Russia nell’operazione militare in Ucraina e l’idea del “mondo russo” contro l’unipolarismo occidentale. Tutti temi fatti oggetto di demonizzazione da parte dei media europei che ritraggono il padre, Alexander Dugin, come un estremista dai compromettenti rapporti con i partiti di “estrema destra” europei.

In realtà, la vera “colpa” di Dugin è quella di aver osato prospettare, da un punto di vista filosofico-intellettuale, un altro mondo rispetto a quello costruito sull’egemonia economica e culturale occidentale, ossia di combattere contro quello che viene definito “globalismo”: un sistema di potere che prevede l’estensione illimitata del liberalismo su scala mondiale e i cui pilastri sono, sul piano culturale, l’ultra progressismo tecno-scientifico e antropologico che sconfina nel transumanesimo; sul piano politico-economico, il dominio incontrastato delle multinazionali e della plutocrazia finanziaria per mezzo del neoliberismo e, sul piano geopolitico, l’unipolarismo statunitense e anglo-sionista di cui la NATO rappresenta il braccio armato per eccellenza.

A tutto questo, Dugin contrappone nei suoi scritti l’importanza dell’identità culturale e spirituale dei popoli: alcuni dei riferimenti filosofici di Dugin sono i cosiddetti filosofi perennialisti, quali Julius Evola e René Guénon. In ambito politico e geopolitico, i cardini del suo pensiero sono costituiti dal neoeurasiatismo, dalla Teoria del Mondo Multipolare (TMM) e dalla Quarta teoria politica, da cui l’omonimo libro. Il mondo multipolare prevede una molteplicità di poli decisionali – costituiti ognuno da una coalizione di Stati – indipendenti dal punto di vista militare, economico e culturale, nessuno dei quali si impone sull’altro nel rispetto della sovranità di tutti gli Stati sullo scenario internazionale. La quarta teoria politica, invece, propone il superamento dialettico delle tre ideologie dominanti del Novecento: comunismo, fascismo e liberalismo. Su queste basi, molti commentatori occidentali hanno sostenuto falsamente che Dugin sia vicino a Putin o addirittura il suo ideologo. In realtà, i riferimenti culturali e filosofici del Cremlino sono altri, tra cui il pensatore Ivan Il’in, il filosofo Nikolaj Berdjaev e l’etnologo Lev Gumilev. Associare, dunque, Dugin a Putin pare più che altro un’operazione propagandistica che, screditando e demonizzando il primo, mira a screditare e demonizzare il secondo.

Darya Dugina ha ereditato il pensiero del padre proseguendo in maniera brillante il suo lavoro, tanto che era già piuttosto conosciuta e stimata tra i colleghi: proprio per il suo sostegno alla Russia dall’inizio dell’operazione militare il 24 febbraio, Darya era stata inserita nella lista nera dei sanzionati da USA e Gran Bretagna per disinformazione. Inoltre, era recentemente stata in Donbass con un gruppo di giornalisti internazionali e per questo potrebbe essere finita nel mirino dei servizi segreti ucraini, cosa che avvalora ulteriormente le dichiarazioni dell’FSB.

La notizia della sua uccisione è stata accolta con relativa freddezza dai media e dalla politica italiana e internazionale: in Italia, salvo poche eccezioni, nessun partito politico ha condannato esplicitamente il gesto o espresso solidarietà per quanto accaduto. Il conflitto in Ucraina sta scavando un solco sempre più profondo tra Russia ed Europa e inasprendo un sentimento d’odio che rischia di sfociare nelle più svariate forme di violenza, come dimostrano anche i commenti sui principali social network a riguardo della vicenda. L’attentato del 20 agosto può essere considerato il simbolo di quest’odio e di differenti visioni del mondo in lotta feroce tra loro.

[di Giorgia Audiello]