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Draghi, ultimo atto: venduti blindati alle truppe ucraine tramite un oligarca

Nei giorni scorsi undici veicoli MLS Shield prodotti dall’azienda abruzzese Tekne SpA sono stati consegnati ai paracadutisti della 79^ Brigata Aerea d’Assalto per una cifra pari a 3 milioni di euro, come dichiarato da Petro Oleksijovyc Poroshenko, magnate ed ex presidente della Repubblica ucraina, nonché padre della Poroshenko Foundation, uno dei due acquirenti del lotto di armi italiane (l’altro è l’“organizzazione non governativa” Sprava Hromad). A giovare dell’equipaggiamento sarà il reparto d’élite delle forze armate ucraine impiegato dal 2014 contro le autoproclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk e – dopo l’invasione russa del 24 febbraio – per la controffensiva anti-Mosca nella tormentata regione sudorientale del Donbass.

Tra le priorità dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, relegato al disbrigo degli affari correnti in seguito alle dimissioni, c’è stata la vendita di undici blindati non al governo di Kiev ma alle ong Sprava Hromad e Poroshenko Foundation. «L’unicità di questo progetto è che l’equipaggiamento Nato viene acquistato non attraverso un programma di appalti statali, ma grazie a contributi privati», ha dichiarato l’ex presidente ucraino Poroshenko, aprendo la strada a una sorta di bypass istituzionale. Come riportato dal giornalista d’inchiesta Antonio Mazzeo [1], i blindati italiani sono soltanto gli ultimi di una lunga lista di armamenti arrivati alle truppe ucraine dall’estero attraverso la mediazione della Poroshenko Foundation. A metà giugno l’ex presidente ha ricevuto 12 nuovi pickup Mitsubishi L200 – riadattati per l’uso militare – dall’omonima industria giapponese, con la consegna di un’altra dozzina prevista nelle prossime settimane. A fine giugno sono giunti invece dal Regno Unito 12 camion Leyland DAF 45.150 a trazione integrale che la ong ha inviato al fronte per trasportare sistemi d’arma, cibo, acqua e gasolio.

Le armi inviate dall’Italia all’Ucraina sono avvolte dal mistero dallo scorso inverno, quando il Parlamento fornì sostanzialmente carta bianca al governo Draghi fino alla fine dell’anno. Al silenzio sulla tipologia di armamenti ceduti a Kiev si è aggiunto poi, con il passare delle settimane, il dubbio relativo all’effettiva destinazione [2] delle stesse. L’emittente statunitense CBS ha condotto un’inchiesta sulle forniture di armi all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali, esposta nel documentario [3] “Arming Ukraine”: dal reportage in questione emerge che solo il 30% delle forniture di armi arriva effettivamente in Donbass, lungo la linea del fronte. Gli oltre due terzi del totale, nella migliore delle ipotesi, sarebbero fermi nei centri di smistamento allestiti in Europa; nella peggiore, sarebbero spariti, alimentando di fatto il mercato nero ucraino che ha prosperato particolarmente grazie all’intensificarsi della corruzione dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

[di Salvatore Toscano]