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L’era delle emergenze sta incentivando gli OGM e la privatizzazione dell’acqua

Che stiamo attraversando l’era delle emergenze ormai è chiaro a tutti: dalla pandemia di Coronavirus alla guerra in Ucraina fino all’allarme siccità, quello emergenziale sta diventando un vero e proprio paradigma di governo utile non solo ai fini del controllo delle masse, ma anche per accelerare quelle riforme politico-economiche da sempre anelate dal capitalismo e imperniate sull’ideologia neoliberista. Nello specifico, la crisi ucraina e l’allarme siccità – facendo leva sui timori per la sicurezza alimentare globale – sono usate come grimaldello per approvare l’uso e l’incremento di colture geneticamente modificate pensate per resistere alle conseguenze di condizioni climatiche e meteorologiche avverse, ma non solo: la scarsità d’acqua sta riportando in auge un altro progetto particolarmente ambito dalla plutocrazia liberale, vale a dire la privatizzazione delle risorse idriche. In poche parole, si vorrebbe risolvere il problema della scarsità d’acqua privatizzandola e rendendo così ancora più elitaria la possibilità del suo approvvigionamento. L’unico risultato sarebbe l’aumento esponenziale della speculazione dalla quale otterrebbero enormi profitti i soliti noti, ossia le grandi multinazionali e i gruppi finanziari. In questo modo si inasprirebbe ancora di più il processo di concentrazione in poche mani della ricchezza complessiva, detenuta da una ristretta cerchia della popolazione mondiale che può così tranquillamente dominare la restante parte.

Un articolo [1] di Bloomberg spiega che in Argentina l’azienda di biotecnologie Bioceres Crop Solution Corp. ha ottenuto l’autorizzazione per piantare il suo ceppo di grano OGM, chiamato HB4, e che presto potrebbe ottenere l’approvazione anche da parte del Brasile e degli Stati Uniti, come riferito dall’AD Federico Trucco. «Vediamo un’accelerazione in termini di reazione dei regolatori» ha asserito quest’ultimo, incentivata dall’instabilità delle catene di approvvigionamento in seguito alla crisi ucraina e dalle condizioni meteorologiche avverse. L’azienda sta lavorando per sviluppare varietà nella savana del Cerrado che potrebbero migliorare la resa delle colture nelle zone in cui il grano non è prodotto frequentemente, così da poter applicare la tecnologia anche in Africa.

In tutto il mondo, l’esigenza di ovviare al problema della crisi dei raccolti potrebbe incentivare modifiche legislative per cui risulterebbe molto più semplice introdurre nel commercio cibi OGM, peraltro in alcuni casi senza nemmeno doverlo riportare in etichetta: lo scorso maggio, ad esempio, in Italia la Camera dei deputati ha presentato alcune mozioni in cui si chiedeva di «promuovere iniziative normative che consentano il pieno sviluppo delle tecnologie di evoluzione assistita (TEA)»: si tratta di tecniche che modificano il genoma delle piante per migliorarne la resistenza alle malattie e ai parassiti, aumentandone la produttività. Tuttavia, come riferito [2] dalla Coalizione Italia libera da OGM, «l’enorme maggioranza dei consumatori – nonostante le crisi che continuano ad accavallarsi nel nostro Paese – rifiuta di avere nel piatto prodotti OGM, pretende un’etichettatura chiara e trasparente che permetta di poter conoscere, e quindi scegliere, con certezza ciò che mangia»

In modo del tutto simile, l’allarme siccità ha fornito nuova linfa alle spinte per la privatizzazione dell’acqua, sulla quale i cittadini italiani si erano già espressi in un referendum svoltosi nel giugno 2011: in quell’occasione, la maggioranza dei partecipanti al voto decise di abrogare parzialmente una norma relativa alla tariffa dell’acqua che prevedeva «l’adeguata remunerazione del capitale investito». Così 27 milioni di italiani votarono per la gestione pubblica del servizio idrico, anche considerato che una risoluzione delle Nazioni Unite del 26 luglio 2010 sancisce che «il diritto all’acqua potabile e sicura ed ai servizi igienici è un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani».

Tuttavia, con la gestione emergenziale della politica torna ad affacciarsi lo spettro della possibile privatizzazione, promossa con forza da think tank come l’Istituto Bruno Leoni che si propone di diffondere l’ideologia del libero mercato in Italia. In un articolo [3] dal titolo «Acqua: se una risorsa è scarsa le va dato un prezzo», l’istituto presenta la soluzione della privatizzazione delle risorse idriche come una soluzione a lungo termine, in quanto – secondo gli autori – «l’acqua può essere allocata solo in due modi: secondo l’arbitrio del sovrano o secondo le logiche di mercato» e poiché il sovrano del sistema capitalistico-industriale nonché della società dei consumi è il mercato, ossia il potere del denaro, ne consegue che per i fanatici del liberismo, l’acqua andrà allocata secondo l’arbitrio del mercato, la cui logica è il profitto illimitato.

A complicare la situazione, vi era poi il fatto che alcuni componenti del consiglio di amministrazione dell’istituto fossero vicini all’ormai ex governo Draghi, così da poterne influenzare le scelte in tal senso: ad esempio, la professoressa Serena Sileoni, oltre ad essere membro dell’istituto, era anche «Consigliere del Presidente nel governo Draghi», come si legge sul sito [4] dello stesso think tank. Il che mostra non solo l’enorme potere d’influenza che gruppi privati di studio possono avere sulle istituzioni, e sul governo in particolare – in palese contrasto con la sovranità popolare e la Costituzione – ma anche come l’emergenza sia stata adottata quale principale strumento per perseguire gli obiettivi neoliberisti che costituiscono il pilastro politico e socio-economico della società liberale occidentale e che riguardano l’accentramento delle risorse piuttosto che la loro equa redistribuzione.

[di Giorgia Audiello]