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Resistere al caro energia e alle multinazionali

ENI ha annunciato trionfalmente di aver superato i 7 miliardi di utili solo nel primo semestre 2022, con un incremento del 700% rispetto al semestre precedente. Quindi per loro l’aumento dei costi non comporta una perdita di marginalità, come avviene a quasi tutte le piccole imprese, bensì una maggiore possibilità di speculare sui consumatori finali. Ovvero tutti noi.

Esatto, avete capito bene: gran parte degli aumenti che stiamo subendo da oltre un anno non sono dovuti (solo) alla crescita dei prezzi del gas o del petrolio, ma soprattutto al fatto che queste multinazionali approfittano della situazione di crisi economica e geopolitica per lucrarci più del solito.

A farne le spese, come al solito, saranno le famiglie più disagiate e tutte quelle aziende che non possono aumentare i prezzi dei loro prodotti e servizi in maniera proporzionale all’aumento dei costi, e quindi a fine anno si ritroveranno a fare i conti con una drastica riduzione degli utili o addirittura con una perdita.

Abbiamo così da una parte i grandi fondi di investimento che detengono le azioni di gran parte di queste aziende (ENI inclusa, ormai statale solo al 30%) e che stanno moltiplicando i loro utili, dall’altra centinaia di migliaia di aziende che verranno messe in ginocchio da questi rincari, spacciati come inevitabili e causati unicamente dalla guerra in Ucraina.

Per salvarsi le piccole imprese non avranno che una strada: diventare più efficienti ed eliminare tutti i cosiddetti “costi occulti”, causati da disorganizzazione interna o demotivazione del personale. Si stima, infatti, che in una piccola azienda vi sia mediamente un 50% di sprechi rispetto alle attività svolte; e questi ultimi, causati dai motivi più vari, erodono una buona parte degli utili.

I più frequenti sono errori dovuti alla cattiva comunicazione interna oppure alla scarsa chiarezza dei ruoli e delle responsabilità: nessuno sa precisamente cosa può decidere di fare in autonomia e quindi le attività si bloccano in attesa che “il capo” dia il suo ok o porti una soluzione ai problemi. Altra fonte di sprechi è il caos interno, che fa partire lunghe “cacce al tesoro”, alla ricerca di documenti scomparsi o di strumentazioni non al loro posto; o che fa commettere continuamente lo stesso errore, poiché si gestisce l’effetto finale e non la causa (ad esempio in produzione si rimediano gli errori di un disegno tecnico ma nessuno corregge quel disegno, quindi la prossima volta in produzione si ritroveranno con lo stesso problema). Ma ancora più impattante è la demotivazione dei collaboratori, spesso causata dalla mancanza di obiettivi chiari o di piccoli riconoscimenti verbali. Ma soprattutto dalla scarsa pianificazione che fa lavorare tutti sempre in emergenza e sotto stress.

Gli esempi potrebbero essere centinaia, e ciascuna di queste situazioni va ad erodere silenziosamente i margini – già esigui – dell’azienda.

Quindi, se non gestite una multinazionale che può fare utili speculando sui clienti finali, avete una sola strada da poter percorrere: individuare tutti gli sprechi a cui vi siete abituati e adottare un sistema di organizzazione e comunicazione interna più efficiente, coinvolgendo direttamente tutti i vostri collaboratori.

[di Fabrizio Cotza]