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Niscemi: le forze dell’ordine attaccano i manifestanti No MUOS

Domenica 7 agosto un gruppo di circa 300 manifestanti si è ritrovato davanti ai cancelli della sede del terminale MUOS di Niscemi – Mobile User Objective System, il sistema di telecomunicazioni della Marina militare USA che permette il collegamento della rete militare statunitense – per chiederne ancora una volta la dismissione. Nonostante il corteo si stesse muovendo in maniera pacifica, per disperdere la folla le forze dell’ordine presenti hanno utilizzato prima gli idranti e poi lanciato gas lacrimogeni ad altezza uomo e colpendo anche qualcuno dei manifestanti alla schiena, come dichiarato dai testimoni presenti sul posto. Inoltre, per via della grande quantità di acqua liberata dagli idranti, i gas non si sono dispersi correttamente nell’aria, formando una nube tossica ad altezza uomo.

La base del MUOS di Niscemi, in provincia di Caltanissetta, si trova all’interno della riserva naturale Sughereta: si tratta di un’installazione che smista le comunicazioni militari delle forze navali, aeree e terrestri statunitensi in ogni parte del mondo. La scorsa domenica un gruppo di attivisti del movimento No MUOS ha dato vita a un corteo che, percorrendo i sentieri della riserva, è giunto fino ai cancelli d’ingresso dell’installazione militare. Una volta giunti qui una ventina di ragazzi si sono avvicinati alle grate e ne hanno battuto le sbarre in segno di protesta. Gli agenti, presenti in gran numero dall’altra parte del cancello e in tenuta antisommossa, non hanno atteso troppo prima di aprire gli idranti sfollagente e dirigerne il getto verso i ragazzi, costretti così a staccarsi dai cancelli e indietreggiare verso i compagni. A questo punto, secondo la testimonianza del giornalista Antonio Mazzeo [1], lì presente, i poliziotti hanno lanciato lacrimogeni contro i manifestanti, colpendone qualcuno alla schiena. Quando il fumo ha iniziato a sprigionarsi nell’aria, si è condensato “in una nube fissa a non più di due metri dal suolo”, riporta Mazzeo: “il gas non evapora per le enormi quantità di acqua disperse dagli idranti”.

I lacrimogeni utilizzati contengono orto-clorobenziliden-malononitrile, comunemente noto con la sigla CS, e sono utilizzati dalle forze dell’ordine per sedare manifestazioni o questioni di ordine pubblico. Si tratta di armi classificate come “non letali” ma che possono avere effetti tossici permanenti e gravi, trattandosi a tutti gli effetti di armi chimiche – bandite dai contesti di guerra dalla Convenzione di Ginevra. Gli effetti sul fisico, anche gravi, si possono risentire a livello di polmoni, cuore e fegato. Le forze dell’ordine ne hanno fatto massiccio utilizzo soprattutto in contesti quali il G8 di Genova del 2001 e le repressioni delle manifestazioni No TAV in Val di Susa.

Proprio in questo contesto il 17 aprile 2021, durante una protesta svoltasi nei pressi dell’autoporto di San Didero, una manifestante è rimasta ferita dal lancio di un lacrimogeno da parte delle forze di polizia. In quell’occasione persino Amnesty International [4] aveva espresso, attraverso il proprio portavoce Riccardo Noury, perplessità per il lancio di tali dispositivi “ad altezza uomo”, in quanto il loro scopo dovrebbe essere “disperdere la folla e non ferire le persone”. In aggiunta a ciò, dichiara Amnesty, secondo i Principi base delle Nazioni Unite sull’uso della forza il dispiegamento di armi non letali dovrebbe essere sempre attentamente valutato: “Dispositivi che hanno effetti indiscriminati e un alto potenziale di danno, come i gas lacrimogeni, devono essere utilizzati solo quando tutti gli altri mezzi non siano riusciti a contenere minacce o violenza. Inoltre, le persone devono essere avvisate sull’imminente uso di tali armi e autorizzate a disperdersi. Le cartucce, contenenti sostanze chimiche irritanti, non possono mai essere sparate direttamente contro le persone”.

[di Valeria Casolaro]