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Elezioni: la raccolta delle firme è un problema, ma solo per i partiti anti-sistema

Decine di migliaia di firme da raccogliere tramite moduli cartacei, in un breve arco di tempo, ed alla presenza di un autenticatore: è questa la procedura a cui dovranno attenersi solo alcuni piccoli partiti che vorranno presentarsi al voto in vista delle imminenti elezioni del 25 settembre. La maggior parte delle forze politiche, infatti, sarà esonerata dall’attenersi a tale meccanismo e potrà quindi presentarsi alle elezioni senza raccogliere le firme. Un trattamento evidentemente differente da quello riservato ad alcuni partiti minori, che si troveranno di fronte ad una battaglia molto difficile da vincere.

Questi ultimi, infatti, dovranno precisamente raccogliere le firme in poco più di un mese, in quanto essendo le elezioni fissate per il 25 settembre tutti i documenti relativi alle candidature dovranno essere depositati tra il 21 ed il 22 agosto alla cancelleria della Corte d’appello. Lo si desume dalle disposizioni contenute nella legge [1] che regolamenta la materia, la quale prevede tra l’altro che la dichiarazione di presentazione della lista dei candidati firmata dagli elettori deve essere appunto consegnata tra il trentacinquesimo e il trentaquattresimo giorno antecedente a quello della votazione. Venendo poi al numero di firme necessarie per presentarsi alle elezioni politiche, la legge prevede che ai partiti servano almeno 1.500 firme, e non più di 2.000, per ogni collegio plurinominale. Tuttavia, stabilisce anche che nel caso in cui le Camere vengano sciolte oltre 120 giorni prima della scadenza naturale (ed è questo il caso), i numeri appena citati debbano essere dimezzati. Dunque, ai partiti serviranno almeno 750 firme per collegio plurinominale, ed essendo dal 2020 stati ridotti [2] a 49 i collegi della Camera ed a 26 quelli del Senato, ad essere necessarie saranno almeno 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato.

I partiti dovranno dunque raccogliere un totale di oltre 56mila firme in poche settimane: una procedura che però, come anticipato, riguarderà solo alcune forze politiche. In tal senso, il Testo unico [3] delle leggi elettorali prevedeva già da tempo che nessuna sottoscrizione fosse richiesta per “i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi”, favorendo così i partiti costituiti in gruppo sia alla Camera che al Senato. Recentemente, poi, nella legge di conversione del “decreto Elezioni” un emendamento ha introdotto l’articolo 6-bis [4], che ha allargato la platea delle forze politiche esentate dalla raccolta limitandosi però anche stavolta ai partiti che siedono già in Parlamento nella legislatura uscente. Nello specifico, l’articolo in questione prevede che “per le prime elezioni della Camera e del Senato successive alla data di entrata in vigore della legge” (5 maggio 2022), l’esenzione riguarda anche i partiti o gruppi politici “costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021” oppure “che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale” oppure, infine, che “abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale”.

Il risultato? Solo i piccoli partiti di opposizione, sostanzialmente, dovranno sottostare all’obbligo di raccogliere le firme. Infatti oltre che per i partiti maggiori – come Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, PD e Movimento 5 Stelle – grazie alle varie esenzioni ed ai cavilli dell’emendamento anche per tanti altri partiti più piccoli dell’area di governo come Italia Viva, +Europa e Liberi e Uguali il pericolo della raccolta firme è scampato. Nessuna firma nemmeno per la lista formata in fretta e furia da Di Maio “Impegno Civico” che non avrà bisogno di raccogliere le firme grazie a un’escamotage: il partitino dell’ex capo politico dei 5 Stelle ospiterà al suo interno il partito “Centro Democratico” ovvero la creatura di una vecchia “gloria” della prima repubblica: Bruno Tabacci. Centro Democratico è esentato dal raccogliere le firme, quindi può trainare alle urne senza l’obbligo della raccolta anche Di Maio.

Ad essere costretti a raccogliere le sottoscrizioni sotto l’ombrellone saranno praticamente tutti i partiti anti sistema. Tra questi “Italia Sovrana e Popolare”, simbolo che raggrupperà Ancora Italia, Partito Comunista, Riconquistare l’Italia, Azione Civile, Rinascita Repubblicana, Comitati No Draghi, Italia Unita, oltre che diverse personalità note della battaglia contro il green pass. Vi sarà poi “ItallExit”; il movimento di Gianluigi Paragone che ieri ha annunciato un accordo con il movimento Alternativa (nato da una scissione interna ai 5 Stelle). La lista della sinistra anti-sistema “Unione Popolare”, formata da Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e altri gruppi della galassia della sinistra extraparlamentare che avrà come capo politico l’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris. E la lista “Vita” formata dal movimento 3V e dalla deputata Sara Cunial. Per loro nessuna deroga: dovranno fare i conti con una sfida letteralmente proibitiva che li obbligherà a raggiungere 56mila firme in pieno agosto, con le città deserte, ed in tempi irrisori.

L’Associazione Luca Coscioni ed il movimento di partecipazione civica paneuropeo Eumans hanno lanciato un appello [5] al governo – già sottoscritto da oltre 2900 persone – chiedendo di introdurre subito la possibilità di ricorrere alla firma digitale. “La legge elettorale per il prossimo Parlamento prevede meccanismi fortemente discriminatori per la presentazione delle liste favorendo i partiti già presenti in Parlamento”, si legge nell’appello, con il quale si sottolinea che “occorre con urgenza porre fine a questa discriminazione” e che “nei pochi giorni a disposizione solo la firma digitale può consentire un minimo di praticabilità elettorale per chiunque voglia farlo”. Ma, almeno per questa tornata elettorale, non succederà. Dal Governo non è emersa alcuna volontà di approvare questa norma.

[di Raffaele De Luca]