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Recensioni indipendenti: Essere e Avere – documentario

Un film tra ricerca documentaristica e costruzione narrativa di 104 minuti del 2002 diretto da Nicolas Philibert, presentato fuori concorso al 55º Festival di Cannes e premiato come miglior documentario all’European Film Awards. Nel piccolo paesino rurale di circa 300 anime, Saint-Étienne-sur-Usson situato nel dipartimento del Puy-de-Dôme nella regione francese dell’Alvernia, un maestro, nel contempo esigente e comprensivo, al suo ultimo anno di insegnamento segue gli alunni di una classe unica che va dalla prima con i “piccoli” (quattro-sei anni) alla quinta elementare, con i “grandi” (otto-undici anni). L’azione si svolge quasi esclusivamente in classe con qualche breve squarcio sulla vita dei ragazzi quando sono a casa e fanno i compiti o giocano sulla neve, quando alcuni più grandicelli, aiutano la famiglia nei lavori agricoli.

Seguendo il ritmo delle stagioni dall’autunno all’estate, ma principalmente nell’inverno gelido, un improvvisato furgoncino riadattato a scuola bus, percorre le strette stradine innevate per portare i bambini a scuola. Vivere in un ambiente che presenta molte difficoltà aiuta i ragazzi di ogni età a misurarsi con se stessi e con ciò che li circonda ma l’insegnamento scolastico sarà quello che li aiuterà a confrontarsi anche con i propri compagni, imparare a rispettare le singolarità e le diversità degli altri e quelli di tutta la comunità. Basi queste per creare una vera democrazia in cui i sogni e le aspirazioni individuali si uniscono con le esigenze della collettività e il rispetto della dignità umana, dove la missione dell’insegnante diventa un impegno morale e politico nell’importantissima formazione del pensiero futuro di questi piccoli esseri umani.

“Etre et Avoir” (Essere e Avere) sono verbi ausiliari fondamentali nella grammatica, essenziali per formare correttamente una frase e il regista, nello scegliere il titolo del suo film, indica nel maestro, nella sua passione per l’insegnamento, nella sua esperienza, un ausiliario determinante per trasmettere ai suoi alunni conoscenza e valori, guidandoli lentamente nel progressivo e complesso sviluppo della crescita e della personalità. Crescere vuol dire diventare consapevoli che il sapere è libertà ma richiede applicazione, tenacia e pazienza. L’evidente metafora è una tartaruga, che all’inizio del film con la sua corazza e il suo passo lento attraversa la classe. All’interno di questo microcosmo l’autore osserva, spia, la cinepresa sembra scomparire e non si ha mai la sensazione che vi sia una qualche costruzione scenica, poiché come egli stesso dice: «più che fare dei film su, cerco piuttosto di fare dei film con» e aggiunge: «dopo poco, lo spettatore si sente con i personaggi che riprendo e ne condivide i momenti di difficoltà e di gioia» Un film semplice e dal respiro lento ma profondo a cui dobbiamo dare il giusto tempo per assorbire appieno il mistero e la delicatezza del fenomeno umano e lo sviluppo dell’individuo, riuscendo così a regalarci un emozione profonda.

[di Federico Mels Colloredo]